Depleted Uranium

- L'Uranio Impoverito in Parlamento -


SENATO DELLA REPUBBLICA

-------------------- XIII LEGISLATURA --------------------

614a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
VENERDÌ 7 MAGGIO 1999
Presidenza del presidente MANCINO,
indi del vice presidente ROGNONI

INTERPELLANZE E INTERROGAZIONI
Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni sugli ultimi sviluppi della situazione nei Balcani
(2-00811)
(22 aprile 1999)

(omissis)

BRUTTI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, rispondo ad una serie di interrogazioni indirizzate fra gli altri anche al Ministro della difesa. Precisamente, e l'interrogazione e l'interpellanza che hanno come primi firmatari rispettivamente i senatori Russo Spena e Pieroni, che si riferiscono all'impiego del cosiddetto Uranio Impoverito nel campo degli armamenti, e le due interrogazioni presentate dal senatore Marino, sulle operazioni militari di queste settimane e sulla partecipazione italiana, attengono strettamente a temi di pertinenza della difesa. Anche l'interrogazione recante come primo firmatario il senatore Vegas contiene spunti che possono riguardare il Ministero della difesa. Cercherò quindi di rispondere compiutamente all'insieme di tali quesiti.

Vorrei anzitutto prendere in esame l'interrogazione 3-02750 e l'interpellanza 2-00811, aventi come primi firmatari rispettivamente i senatori Russo Spena e Pieroni, che pongono alcune questioni relative all'impiego del cosiddetto Uranio Impoverito nel campo degli armamenti. I colleghi domandano, in sostanza, che cosa risulta circa l'utilizzazione di questo materiale da parte dei paesi della NATO e nell'ambito delle operazioni in corso nell'area balcanica; chiedono di quali notizie disponiamo riguardo agli effetti che su questo materiale possono avere incidenti distruttivi o impieghi bellici e, infine, quali sono le valutazioni e gli orientamenti del Governo italiano in questa materia.

Occorre anzitutto ricordare che l'Uranio Impoverito o l'uranio depleto è un sottoprodotto del processo di arricchimento dell'uranio necessario per l'industria nucleare. Le sue caratteristiche fisiche più evidenti sono la resistenza e l'alta densità. Si tratta di un materiale ampiamente disponibile e a basso costo, con una serie di impieghi civili, ad esempio, nella costruzione di schermature radiologiche per contenitori idonei al trasporto di sorgenti radioattive.

Nel campo militare l'Uranio Impoverito trova applicazione anzitutto come componente nella blindatura di mezzi corazzati e, in secondo luogo, come materiale per munizionamento progettato soprattutto per l'impiego anticarro. I procedimenti seguiti per la blindatura dei mezzi corazzati sono volti ad isolare l'Uranio Impoverito da ogni contatto con l'atmosfera e, contemporaneamente, a sfruttarne la compattezza e la resistenza, caratteristiche proprie anche dei proiettili per i quali lo stesso materiale viene utilizzato.

Per entrambe le applicazioni tutte le attività di fabbricazione e manutenzione si svolgono secondo specifiche procedure di sicurezza. I colleghi interroganti hanno chiesto di conoscere se le nostre Forze armate abbiano in dotazione mezzi corazzati o proiettili contenenti uranio cosiddetto impoverito. La risposta è no: le Forze armate italiane non dispongono di armamenti né di munizioni di alcun genere che utilizzino questo materiale, né hanno acquisito tali armamenti o munizioni; dunque non li hanno impiegati né li impiegano ad alcun titolo.

A quanto è dato di conoscere, sulla base di notizie già diffuse, gli Stati Uniti, la Francia e, presumibilmente, la Gran Bretagna, così come alcuni paesi dell'ex Patto di Varsavia, sarebbero in possesso di munizionamento contenente Uranio Impoverito. Per quanto riguarda l'Alleanza atlantica il Governo fa presente che le informazioni relative al tipo di armi, di cui i paesi membri dispongono, sono di stretta ed esclusiva pertinenza anzitutto delle autorità politiche di ciascun paese e, in secondo luogo, degli organi collegiali dell'Alleanza, che agiscono in base a decisioni e a direttive unanimi dei paesi membri.

Non può essere il Governo italiano, con scelta unilaterale, a fornire pubblicamente informazioni sugli equipaggiamenti e sui mezzi delle Forze armate di altri paesi, così come essi non possono farlo per le nostre. Vi è dunque un limite obbligato nella mia risposta. Ciascun paese risponde individualmente del rispetto dei trattati e delle convenzioni relative alla limitazione e alle modalità di impiego degli armamenti, ma sulla questione che stiamo esaminando non esistono disposizioni restrittive. Occorre infatti sottolineare che nel momento attuale né i carri né i proiettili per i quali si utilizza Uranio Impoverito risultano previsti o segnalati in alcuna delle convenzioni internazionali esistenti in materia di limitazione degli armamenti o che prevedono l'esclusione di determinate tipologie di armi.

Dunque, l'impiego di questo materiale non è vietato, né sottoposto a particolari controlli o limiti rilevanti per il diritto internazionale. Esiste, tuttavia, una discussione seria di portata internazionale circa i rischi derivanti dall'uso dell'Uranio Impoverito in campo militare. La distruzione delle blindature o l'impiego bellico dei proiettili determinerebbero, secondo alcune delle valutazioni formulate in base all'esperienza del conflitto iracheno, contaminazioni dell'ambiente e danni di lungo periodo.

Esistono, insomma, motivi di preoccupazione che si fondano su analisi scientifiche e che il Governo italiano non intende sottovalutare; anzi, se c'è un danno indiscriminato che si protrae nel tempo, è evidente che si deve respingere politicamente l'uso di armamenti che producono tale danno, impedendo, con gli strumenti del diritto internazionale, che essi possano verificarsi.

Il dibattito in corso coinvolge organizzazioni non governative e ad esso anche organismi dell'ONU hanno prestato attenzione. Il Governo terrà nella massima considerazione quanto viene segnalato nelle due interrogazioni presentate. Finora noi non abbiamo conclusioni sicure sugli effettivi rischi.

Vorrei ricordare, in proposito, i risultati di due indagini che riguardano l'uso di munizioni contenenti Uranio Impoverito nel territorio iracheno durante la guerra del Golfo. Si tratta di indagini che non hanno individuato il verificarsi di specifici danni derivanti da contaminazione all'ambiente ed alla salute. La prima indagine è di fonte americana, se ne trova notizia nel servizio stampa delle Forze armate USA del 4 agosto 1988, e può essere considerata di parte. L'accertamento condotto a cura del Veterans Affairs Department su 33 soldati colpiti da frammenti di Uranio Impoverito ha escluso che essi abbiano riportato danni durevoli da contaminazione. Ma ripeto che questa può essere considerata un'indagine di parte.

La seconda indagine proviene da una fonte più imparziale e si deve a William M. Arkin, direttore della ricerca in campo militare del Green Peace International. Nel febbraio 1993 Arkin ha trascorso un mese in Irak per raccogliere elementi sugli effetti dell'uso bellico di Uranio Impoverito. Sia da autorità irachene in campo sanitario, sia dal dipartimento di fisica dell'università di Bassora non provenivano informazioni tali da suscitare allarme né sull'incremento di malattie riconducibili ad avvelenamento da metalli pesanti, né sui livelli di radiazioni accertati dopo la fine della guerra nel Sud dell'Irak.

Queste valutazioni hanno certamente un rilievo ma non bastano a risolvere il problema. Troppo ristretta è, infatti, l'area degli accertamenti compiuti nei due casi perché ci si possa fermare ad essi. Occorre, invece, promuovere nuove e più accurate indagini per assumere un orientamento definitivo. A questo proposito, va ricordato che in ambito ONU si sono venuti rafforzando i timori e le preoccupazioni. Il Governo italiano si impegna a favorire tutti gli accertamenti che sono in corso con il massimo di speditezza. Essi sono necessari perché la Comunità internazionale possa trarne criteri di regolamentazione ed è essenziale che gli accertamenti diano garanzie di imparzialità.

Noi, per parte nostra, non usiamo questo materiale; è già una scelta compiuta ma non basta. Dobbiamo affrontare il problema su scala internazionale; questo è l'intendimento del Governo. Possiamo operare efficacemente perché neanche gli altri paesi usino questo tipo di materiale, soltanto se la persuasione del rischio diventa più certa, se la consapevolezza di danni che tale materiale bellico può produrre viene condivisa da più paesi e dall'insieme della comunità internazionale.

Ci siamo adoperati in questi anni ricercando costantemente l'intesa con i paesi dell'Unione europea e della NATO per definire regole e convenzioni internazionali che impedissero e limitassero l'uso di armi inumane. Continueremo a farlo puntando ad una interpretazione estensiva del concetto di armi inumane.

Più di altri paesi noi abbiamo sostenuto che dovessero essere del tutto eliminate le mine antipersona ed abbiamo ottenuto un significativo risultato. In coerenza con quella scelta opereremo perché la comunità internazionale metta al bando anche altre armi convenzionali che possano ritenersi eccessivamente dannose o che abbiano effetti indiscriminati. Questa espressione «armi convenzionali che possano ritenersi eccessivamente dannose o che abbiano effetti indiscriminati» ricorre nel preambolo della Convenzione di Ottawa sulle mine antipersona; è un pò il genus rilevante per il diritto internazionale nel quale viene ricompresa la species rappresentata dalle mine antipersona già messe al bando - ripeto - sulla base della Convenzione di Ottawa.

Dunque, nel quadro di un accertamento imparziale che sia tale da confermare gli effetti denunciati e i motivi di preoccupazione, l'Italia si impegna a raggiungere il più ampio consenso possibile su scala internazionale per limitare l'impiego di Uranio Impoverito, introducendo le garanzie necessarie ad impedire danni indiscriminati e a tutelare l'ambiente.
(...)

nota: la risposta non è riportata interamente, ma solo per la parte pertinente all'UI.


L'U.I. in Kosovo (3)

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