Campagna Italiana per la pace e il rispetto dei diritti umani in Sudan
Pax Christi - Acli - Amani - Arci - Caritas - Cesvi - Cuore Amico - Mani Tese - Nigrizia


17-18/9/99 Forum a Milano
Prospettive di pace per il Sudan. Rinasce la società civile?

Appuntamenti - Documenti - Link - Testimonianze - Scheda geopolitica

Chi siamo Una Campagna nazionale di informazione, di pressione politica e di aiuto umanitario creata nel 1995 e sostenuta da Acli, Amani, Arci, Cesvi, Cuore amico, Mani tese, Nigrizia, Pax Christi.
Cosa abbiamo fatto 1995 Raccolta di 50.000 firme a sostegno dell'appello per la pace e il rispetto dei diritti umani in Sudan. Conferenze-stampe, incontri pubblici e dibattiti di sensibilizzazione. Contatti con rappresentanti politici italiani a livello locale e nazionale.

1996 Accompagnamento di alcune esponenti del gruppo Women for peace del Sud Sudan in incontri pubblici; contatti con il presidente della commissione esteri della Camera, con i sottosegretari agli esteri, con la commissione giustizia e pace del Vaticano; in collaborazione con altri organismi internazionali appello all'Onu per aprire un corridoio umanitario sui monti Nuba.

1997 Incontro a Bruxelles con la commissaria europea per l'azione umanitaria. A Roma, conferenza stampa con Philip Neroun, responsabile del Nuba relief rehabilitation and development society. Incontri a livello diplomatico per permettere l'arrivo degli aiuti ai Nuba.

1998 Proseguono i contatti per fronteggiare il genocidio e risolvere la carestia che devasta il sud del paese. Si incontra il rappresentante Onu in Italia Steffan De Mistura.


Obiettivi

Informare i mezzi di comunicazione
Sensibilizzare l'opinione pubblica
Mobilitare la società civile, le Ong e le Chiese
Incontrare i rappresentanti istituzionali e diplomatici

per cercare una soluzione al conflitto in vista di una pace duratura, per fronteggiare con tutti i mezzi la crisi umanitaria, per denunciare ed eliminare le gravi sistematiche violazione dei diritti umani in Sudan.


Per informazioni

segreteria nazionale: presso Acli Cremona, via S. Antonio del Fuoco 9/a - 26100 Cremona -tel 0372-26663; fax 0372-28836; e-mail acli.cr@rccr.cremona.it

ufficio stampa: presso Nigrizia, vicolo Pozzo 1 - 37129 Verona - tel 045-596238; fax 045-8001737; e-mail nigrizia@tin.it; sito internet www.peacelink.it/users/nigrizia/

c/c nr. 500500 intestato a Campagna Sudan presso Banca Etica piazzetta Forzaté 2/3 Padova

ccp 16281503 intestato a Pax Christi Segreteria Nazionale indicando la causale "Campagna Sudan".


Un popolo senza diritti

Sudan

Un territorio di 2 milioni e 500 mila kmq (otto volte l'Italia): il più esteso paese dell'Africa. Attraversato longitudinalmente dal Nilo, da sempre un passaggio obbligato tra mondo arabo e mondo nero africano. Una popolazione (oltre 28 milioni di abitanti) suddivisa in 56 gruppi etnici classificati, tra cui i più numerosi sono i denka (11,5%), i nuba (8,1%), i nuer (4,9%); i musulmani sunniti sono il 73%, i cristiani sono il 9%; il resto della popolazione segue le religioni tradizionali. Con un prodotto interno lordo pro capite inferiore ai 280 dollari all'anno, il paese alterna situazioni di fame e carestia a speranze di ripresa economica, legate soprattutto alla presenza di importanti giacimenti petroliferi non adeguatamente sfruttati, al centro di interessi di compagnie straniere di tutto il mondo: dal Canada alla Cina. Indipendente dal 1956, dopo essere stato sotto il controllo angloegiziano, il paese non ha mai definitivamente risolto i problemi legati alla propria identità, araba e africana.
Guerra infinita

La più lunga guerra civile d'Africa: dal 1955 ad oggi, tenendo conto di una lunga tregua negli anni Settanta. Dal 1983 è in corso la seconda fase del conflitto che contrappone il governo centrale e le forze dell'esercito popolare di liberazione nazionale (Spla) del comandante John Garang, che cerca di destituire l'attuale regime per realizzare uno stato libero, indipendente e laico. Alcune stime indicano in oltre 1 milione le vittime del conflitto dal 1983 ad oggi. Nel 1989 il generale Omar el Bashir ha preso il potere con un colpo di stato, instaurando un regime musulmano integralista che aspira a una totale arabizzazione e islamizzazione del Sudan, riapplicando al paese la legge della sharia, diventata la base del codice penale. Nel 1992 proclama la jihad, la guerra santa, contro “i ribelli infedeli, nemici della religione e della nazione”.
Nel 1991 anche lo Spla, responsabile della violazione dei diritti umani in molte zone dove si comportava più da conquistatore che da esercito di liberazione, subisce una divisione: Riek Machar fonda il Ssim/a, l'Esercito/movimento indipendente del Sud Sudan, che mira alla separazione del Sud - Sudan da Khartoum.
Il conflitto in corso è stato presentato più volte come uno scontro tra il governo di Khartoum e il nord, musulmano, contro il sud, cristiano e animista. Ma questa è un interpretazione fortemente semplicistica. Concause economiche (dalla distribuzione delle terre più fertili ai ceti più ricchi di Khartoum, grazie ai prestiti delle banche islamiche, agli intrecci internazionali di interessi per lo sfruttamento del petrolio) e concause politiche sono determinanti. Ma il conflitto in Sudan è forse soprattutto una guerra per i diritti umani.
Appoggi internazionali

Lo scontro tra le due fazioni ha alimentato un commercio internazionale di armi sempre crescente, nonostante l'embargo decretato dall'Onu. I fornitori vanno dalla Francia al Sudafrica, dalla Cina agli Stati Uniti.
Hassan el Turabi, consigliere di el Bashir, è considerato uno dei più influenti leader del fondamentalismo islamico a livello mondiale. Negli anni '90 il governo ha avuto contatti diretti con i mujahidin afgani, con i palestinesi di Hamas, con il Fis algerino, con l'Iran e l'Iraq. Nel '95 Khartoum ha consegnato alla Francia, in cambio di appoggi per portare avanti la guerra interna, il terrorista Carlos, ricercato dalle polizie di mezzo mondo per i suoi attentati. Molti osservatori hanno riferito dell'esistenza di campi di addestramento per terroristi internazionali. Inoltre il Sudan appoggia e sostiene, in maniera più o meno diretta, gruppi islamici sostenitori della contestazione politica fino alla guerriglia armata in Eritrea, Etiopia, Somalia, Kenya, Uganda, Tanzania, Maurizio.
Diritti
umani
negati:
torture, schiavi, profughi

Case fantasma: centri di detenzione (14 solo a Khartoum) dove il regime (che ne ha sempre negato l'esistenza) rinchiude e tortura gli avversari politici: sindacalisti, giornalisti, docenti universitari, avvocati, attivisti, cristiani. Sono gestite da corpi scelti, organizzati da membri del Fronte nazionale islamico appositamente addestrati in Iran e specializzati in varie forma di torture fisiche e psicologiche.
La tratta degli schiavi in Sudan continua: migliaia tra donne e soprattutto bambini delle regioni meridionali vengono catturati nei villaggi per essere venduti e impiegati nei lavoro dei campi o nei lavori domestici delle case della capitale. A partire dal '94, anche con il coinvolgimento dell'esercito, c'è stato un aumento allarmante dei casi di schiavitù e di lavoro forzato. "La totale passività del governo può solo essere vista come tacita approvazione e appoggio alla schiavitù". Anche qui il governo ha sempre negato.
All'inizio del 1992 il regime deportò nel deserto, senza acqua né viveri, oltre 400.000 sfollati che, soprattutto in fuga dal sud, erano andati ad accamparsi attorno a Khartoum. La situazione degli oltre tre milioni di sfollati del paese è rimasta gravissima, attraverso una sistematica politica di demolizione delle abitazioni, trasferimenti forzati, discriminazione legislativa e cambio forzato dell'identità culturale.
Nuba: genocidio e pulizia etnica

Un dramma all'interno della tragedia della guerra. Sui monti Nuba da oltre 15 anni si cerca di "distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso". In parole più semplici: genocidio. Attraverso gli assalti e la distruzione dei villaggi, l'incendio dei raccolti nei campi, il furto del bestiame, lo stupro in massa delle donne, la cattura dei bambini e il loro allontanamento dai genitori; e poi torture, assassini, incarcerazioni arbitrarie. I “campi della pace” del regime di Khartoum sono luoghi dove vengono distribuiti viveri e vestiti: in cambio gli uomini sono costretti ad arruolarsi nell'esercito e obbligati a distruggere le loro stesse comunità di origine, le donne sono sistematicamente stuprate e i bambini, separati dai genitori, vengono indottrinati e addestrati ad essere futuri guerrieri del regime. La regione dei monti Nuba è completamente isolata. Per tenere lontani osservatori stranieri e per favorire la carestia.
Carestia

Nonostante gli aiuti umanitari provenienti dalle più grandi organizzazioni internazionali il Sudan continua ad essere colpito da carestie, in cui migliaia di persone muoiono di fame o per le sue conseguenze. L'ultima carestia è quella dell'estate del 1998, durante la quale le immagini di bambini ridotti a scheletri viventi hanno per l'ennesima volta girato il mondo. La catastrofe umanitaria che ha colpito la zona sud del Bahr el Ghazal (Sud Sudan), dove oltre due milioni e mezzo di persone hanno rischiato lo sterminio per fame e siccità, era annunciata da tempo. Ma nessuno ha voluto intervenire per evitarla. Wau è stata la città più colpita. I massicci aiuti umanitari hanno temporaneamente tamponato l'emergenza, ma nessuno può contare esattamente al prezzo di quante vite. La carestia è una conseguenza diretta del conflitto, e le responsabilità vanno individuate su entrambi i fronti (politica di isolamento e di distruzione dei raccolti da parte del regime, accaparramento e strumentalizzazione degli aiuti da parte dello Spla).
Speranze di pace

Nel confuso e complicato quadro della guerra civile sudanese si intravedono alcuni segnali di speranza per raggiungere una pace duratura. Dal 1993 l'Igad (l'organismo delegato dall'Organizzazione dell'unità africana a trattare la soluzione del conflitto comprende oltre alle parti in conflitto, Kenya, Eritrea, Etiopia, Somalia, Gibuti e Uganda, a testimonianza che il conflitto in Sudan non è solo una guerra civile ma un elemento di crisi di tutta l'area) si è rivelato l'unico tavolo possibile per arrivare alla pace. Nonostante numerosi voltafaccia, promesse non mantenute, accuse reciproche si devono registrate alcuni cambiamenti. Il governo di Khartoum nel maggio del '98 ha riconosciuto "il diritto all'autodeterminazione del popolo del Sud Sudan, che sarà esercitato attraverso un referendum". Inoltre da gennaio '99 ci sono stati segnali di apertura verso un multipartitismo che permetterebbe alle fazioni armate di confrontarsi in ambito politico e non più militare. Proprio per questi segnali incoraggianti l'azione delle ong e delle società civile, sudanese e internazionale, così come le pressioni diplomatiche dei singoli stati e delle organizzazioni internazionali, devono diventare sempre più influenti. Alla ricerca di una pace che, per essere duratura, deve basarsi sul rispetto dei diritti umani e deve affrontare i problemi chiavi del paese che si trascinano dall'indipendenza.

FONTI

Pax Christi, Sudan urlo di pace, 1994
Pax Christi, Il baratto della vergogna, 1994
Onu, Report of the special rapporteur, 1995
Amnesty International, Campagna Sudan, 1995
African Rights, Facing the genocide: the Nuba of Sudan, 1995
Amnesty International, Sudan progress or public relations?, 1996
Human Rigths Watch/Africa Behind the red line: political repression in Sudan, 1996
Anti Slavery International, Slavery in Sudan, 1997
Un Department of Humanitarian Affairs, Appeale for Sudan, 1997
Human Rigths Watch, Sudan. Global trade, local impact, 1998



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