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Uranio impoverito
Roma, 24 febbraio 2000
Da pi� tempo, in Parlamento e in altre sedi, � stata chiesta al governo un�informativa sugli effetti prodotti dalle armi ad uranio impoverito utilizzate durante la crisi del Kosovo. Ovviamente non � tanto una questione �nazionale�. Il Governo ha gi� preso impegni (risoluzione approvata dalla Commissione Esteri l�11.11.99), ha dato prime notizie (con risposte ad interrogazioni varie dei Ministeri della difesa e dell�ambiente) e avr� nuovi compiti dalla legge in via di approvazione sulla ricostruzione e sviluppo di Paesi dell�area balcanica. Ho gi� richiesto all�ANPA una relazione sull�argomento. Abbiamo raccolto i dati bibliografici e stiamo valutando la possibilit� di una ulteriore indagine sul luogo. Gi� la task force dell�Unep, costituita da esperti internazionali (per la quale � in corso di erogazione un finanziamento da parte del Ministero dell�ambiente di circa 40.000 US$) ha richiesto ricerche sul campo nelle 4 zone particolarmente inquinate perch� maggiormente soggette ai bombardamenti. Le armi ad uranio impoverito non sono solo mortali per i propri obiettivi, ma sono anche pericolose per le persone che le maneggiano e per l�ambiente attuale e futuro del nostro pianeta. E� necessario che nelle aree colpite da inquinamento radioattivo vengano compiuti ulteriori studi affiancati da ricerche sulle conseguenze cliniche e ambientali nelle aree soggette a bombardamento con munizionamento ad uranio depleto, sia per i pericoli connessi nel lungo periodo all�esplosione di armi a uranio sia per gli effetti tossici pi� immediati. Ti propongo di promuovere un�iniziativa del Governo, anche in vista di varie occasioni di incontro e concertazione internazionali. Ti segnalo una seconda questione, separata ma connessa, relativa all�Adriatico e alle armi chimiche affondate. L�Istituto Centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM) ha svolto uno studio denominato A.C.A.B. (Armi Chimiche Affondate e Benthos) finanziato dal Ministero dell�ambiente. Obiettivo dello studio era la verifica della distribuzione, dello stato di conservazione e delle conseguenze per gli ecosistemi marini della presenza sui fondali del Basso Adriatico di residuati bellici, principalmente caricati con aggressivi chimici. Sino agli anni �70 la pratica corrente di smaltimento di munizionamento militare obsoleto era l�affondamento in mare. Molti residuati del secondo conflitto mondiale sono stati affondati, in particolare nelle acque del Basso Adriatico. L�area prescelta per lo studio in campo � un tratto di mare di estensione pari a dieci miglia nautiche situato a circa 35 miglia al largo del porto di Molfetta (BA). I primi risultati di tipo sia sperimentale che bibliografico giustificano alcune preoccupazioni in merito all�estensione e alla valenza ecologica dell�inquinamento e l�urgenza di un�iniziativa congiunta dell�intero Governo. Anche in questo caso abbiamo gi� avviato un contatto Esteri-Difesa-Ambiente e siamo a disposizione per valutare un�iniziativa congiunta. Cordiali saluti,
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