UNA GUERRA SU MISURA
L'aspetto piu' inquietante di questa guerra e' la possibilita' che
l'offensiva scatenata contro la Cecenia sia stata una forma perversa
di "campagna elettorale", progettata freddamente a tavolino e
costruita sulla pelle di migliaia di civili, per creare attorno a
Vladimir Putin, uomo di fiducia di Eltsin, il consenso di cui aveva
bisogno per conquistare la presidenza della Federazione.
Oltre allo sconfinamento in Daghestan delle milizie islamiche, un
altro pretesto con cui si e' cercato di legittimare la seconda guerra
in Cecenia e' stata la "lotta al terrorismo" intrapresa dalla Russia
nell'autunno '99, in seguito alla serie di attentati dinamitardi che
ha causato circa 300 vittime nelle citta' di Mosca, Volgodonsk,
Vladikavkaz e Buinasks.
E' opinione diffusa che questa serie di attentati, e il conseguente
bombardamento della Cecenia, possano far parte di una "strategia della
tensione" russa con la quale il clan di Boris Eltsin ha cercato a
tutti i costi di conservare il potere. La guerra in Cecenia nata dalla
lotta al terrorismo potrebbe essere un conflitto contro un nemico
esterno creato ad arte per distogliere l'attenzione da altri gravi
problemi che affliggono la federazione instabilita', assenza di
ordine, corruzione.
L'improvvisa ascesa della popolarita' di Putin, che si e' posto
davanti agli elettori come l'"uomo forte" in grado di mantenere
l'unita' della federazione e di reprimere il terrorismo, potrebbe
essere proprio la diretta conseguenza della creazione artificiosa di
questo "nemico esterno" che ha risvegliato nella popolazione il
desiderio di un leader forte in grado di imporre l'ordine e la
giustizia con il pugno di ferro.
In questo processo anche i mezzi di informazione russi hanno giocato
un ruolo fondamentale. La campagna militare contro la Cecenia e' stata
accompagnata da una campagna di disinformazione altrettanto massiccia
e sistematica, che ha portato alle stelle il consenso verso le
"maniere forti" di Putin alimentando l'odio e la paura dei russi nei
confronti dei ceceni, dipinti come una popolazione composta unicamente
da criminali e terroristi spietati. In un rapporto dell'autunno '99
Amnesty International ha espresso la sua preoccupazione perche' la
risposta del governo russo agli attentati dinamitardi "sembra essere
una campagna per punire un intero gruppo etnico"
"Dite all'Italia che non siamo dei terroristi". Parlando con i
profughi ceceni ammassati nei campi dell'Inguscezia ho sentito questa
frase molte volte, e ogni volta ho ripetuto che fortunatamente
l'equazione "ceceno uguale terrorista" non era ancora radicata
nell'opinione pubblica italiana.
Purtroppo in Russia questa campagna di criminalizzazione mediatica ha
avuto un pieno successo. La protesta contro la seconda guerra in
Cecenia e' stata molto piu' debole della protesta contro il primo
intervento armato, in occasione del quale una larghissima fetta
dell'opinione pubblica aveva manifestato la sua disapprovazione verso
la guerra. Questo effetto e' dovuto anche e soprattutto all'azione dei
mezzi di informazione, a cui e' mancata la capacita' o la volonta' di
distinguere tra la popolazione cecena nella sua interezza e una
minoranza di gruppi armati e terroristici
Per quanto riguarda l'ondata di attentati terroristici che ha fatto da
preludio alla guerra, allo stato attuale delle cose non ci sono prove
che questi attentati siano stati organizzati ad arte per favoorire
l'ascesa di un potere autoritario. E' un dato di fatto, tuttavia, che
Vladimir Putin ha indubbiamente saputo sfruttare a proprio vantaggio
lo stato d'animo creato nell'opinione pubblica dalle esplosioni
terroristiche, indipendentemente da chi abbia commissionato e
progettato queste esplosioni.
Anche se non si dispone ancora di prove incontrovertibili, esistono
tuttavia alcuni elementi degni di essere presi in considerazione per
capire meglio il collegamento tra gli atti terroristici dell'autunno
'99 e la guerra in Cecenia.
Il 29 ottobre '99 David Satter, membro dello Hudson Institute e della
Scuola di studi internazionali avanzati della John Hopkins University,
in un articolo apparso sul "Washington Times" affermava che "via via
che l'investigazione procede, la possibilita' che le esplosioni siano
state pianificate da elementi della leadership russa diventa piu'
plausibile". A gennaio del 2000 il giornale inglese "The Independent"
ha pubblicato inoltre la confessione di Aleksei Galtin, un ufficiale
del Gru secondo il quale il servizio segreto militare russo sarebbe
coinvolto negli attentati terroristici dell'autunno '99.
Un altro indizio inquietante e' contenuto in un articolo di Giulietto
Chiesa pubblicato su "la rivista del manifesto" nel numero di maggio
2000. Secondo la ricostruzione fatta da Chiesa tutti gli attentati
dinamitardi sarebbero stati effettuati utilizzando exogene, un
esplosivo impiegato dalle forze armate russe per la nuova generazione
di proiettili d'artiglieria.
Gli investigatori hanno affermato che per ogni bomba era stata
utilizzata una quantita' di exogene variabile tra i 200 e i 300
chili. Oltre alle quattro esplosioni effettivamente avvenute, le
autorita' russe hanno dichiarato di aver scongiurato l'esplosione di
altre cinque bombe. Risulta quindi che gli attentatori avrebbero
utilizzato almeno 1800 chili di exogene, un esplosivo che in Russia si
produce unicamente nella fabbrica di Perm, situata negli Urali.
Come abbia fatto un gruppo di terroristi ceceni a trafugare 18
quintali di esplosivo da una fabbrica top secret e a portare
tranquillamente in giro per varie citta' della Russia tutto questo
esplosivo, rimane tuttora un mistero.
Molti esponenti di ONG e organizzazioni umanitarie con cui ho parlato
durante il mio soggiorno in Russia e in Cecenia mi hanno confermato la
possibilita' che la serie di attentati dell'autunno '99 sia stata una
provocazione realizzata da persone estranee alla guerriglia cecena.
Ho avuto inoltre la possibilita' di esaminare un rapporto interno di
una organizzazione non governativa, che evito di nominare per ragioni
di sicurezza e di tutela delle fonti, un rapporto nel quale e' scritto
testualmente che "ci sono alcune prove circostanziali del
coinvolgimento dei servizi segreti russi nell'organizzazione degli
attentati terroristici che hanno ucciso piu' di 300 persone".
Questi sospetti, condivisi da numerosi giornalisti e analisti
politici, sono diffusi anche tra la gente comune. Commentando questo
insieme di indizi che collegano gli attentati dinamitardi ai servizi
segreti russi, Giulietto Chiesa ha rilevato che "forse si e' trattato
di una coincidenza. Ma se e' stato cosi', si deve dire che e' stata
una coincidenza davvero fantastica. Forse non e' stata una
coincidenza, e allora bisogna tenersi forte, perche' gente che si
spinge fino a questi lidi e' capace di compiere ogni crimine, perfino
quelli che l'uomo comune non e' in grado nemmeno di immaginare".
Nel frattempo le indagini per individuare i responsabili degli
attentati sono a un punto morto. A mesi di distanza dalle esplosioni,
non si sa neppure se le autorita' di Perm hanno ritenuto opportuno
aprire un'inchiesta nei confronti dei responsabili della fabbrica di
exogene. La Russia, intanto, sembra avviata ad un ingresso trionfale
nell'Unione Europea. Mentre scrivo queste righe Vladimir Putin e'
stato ricevuto con tutti gli onori dal Vaticano e al Quirinale, e la
cooperazione economica e militare tra l'Italia e la Russia va a gonfie
vele. In occasione della visita di Putin in Italia, Don Renato Sacco,
consigliere nazionale di "Pax Christi" e parroco di tre paesini della
provincia di Verbania, ha indirizzato una lettera alle massime
autorita' dello stato denunciando "chi ha fatto della guerra in
Cecenia il suo trampolino di lancio politico, interno e
internazionale, e ora viene ricevuto a Roma con tutti gli
onori". Nella sua lettera Don Renato ha proposto inoltre che fossimo
invitati anche noi all'incontro con Putin, in quanto "unica presenza
italiana" in Cecenia.
In effetti, un incontro diretto con Putin e Ciampi forse sarebbe un
onore troppo grosso per me, e confesso che avrei un certa perplessita'
a partecipare a questo incontro, soprattutto se l'etichetta
diplomatica mi imponesse di stringere delle mani sporcate col sangue
di migliaia di vittime civili. Per il momento, come ricompensa da
parte dello stato per la mia presenza in Cecenia mi accontento delle
seimila lire al giorno che mi spettano come paga in quanto obiettore
di coscienza.
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