Droghe, solitudine e telematica
Mi chiamo Ugo e ho trent'anni; per circa 15 anni ho fatto uso di Eroina. Il mio percorso ha attraversato tutte le tappe, che una tossicodipendenza di questa durata regolarmente fa. Ho fatto il tossico da Sabato sera, il tossico figlio di papà, ho rubato, sono stato in carcere e chiaramente, sono passato attraverso più comunità terapeutiche. Una l'ho finita e cioè ho passato tutte le fasi terapeutiche che il tipo di programma prevedeva; dopo circa un anno dalla uscita dalla comunità, sono ricaduto verso l'eroina. Ho perso tutto; la famiglia si è dissolta, ho perso la mia donna dopo nove anni di rapporto e un po' alla volta, tutti gli amici. Chiariamo che non dò la colpa di tutte queste situazioni agli altri se non a me stesso e più precisamente ai miei comportamenti. Attraverso quello che ho "letto" dentro me stesso nelle terapie psicologiche fatte nelle Comunità Terapeutiche, e anche perché la testa l'ho sempre usata, anche nei peggiori momenti, ho acquisito una buona conoscenza dei miei meccanismi interni; per questo posso dire con sufficiente sicurezza di sapere fino a che punto la mia parte di responsabilità sia quella più importante. Da circa un anno e mezzo, sto cercando in diversi modi, di venire fuori da tutto questo.
Sono stato per più mesi in terapia di mantenimento metadonica; per tutto questo periodo ho cercato in qualche modo di ricostruirmi una vita definibile "normale". Però mi sono reso conto di dover pagare un prezzo più alto, rispetto a quello che, anche se alto, io mi aspettavo: la solitudine. E' questa la cosa che mi fa più male; vivo anche altre sensazioni e sentimenti quali l'ingratitudine, l'ipocrisia e la cattiveria, ma a questi ero abituato dalla vita di strada che ho condotto per anni.
Vivo in una piccola città e vengo da una famiglia in vista, e quindi la mia foto sui giornali, nella cronaca nera, la gente non la dimentica facilmente. Ho pensato quindi che forse anche il solo metadone, oltre al danno che mi provocava fisicamente, fosse interpretato come legame ulteriore con quel mondo. Da qui la decisione di tagliare anche con esso; però non era facile eliminare la dipendenza che in un anno si era creata e quindi decisi di ricorrere a questa nuova terapia di disintossicazione: UROD. Ultra Rapid Oppiaces Detoxification, è quella terapia che viene fatta a Milano presso l'ospedale San Raffaele da un équipe Israeliana e che tanto ha fatto parlare, arrivando al divieto dal ministero della sanità. Avete presente una pressa che ti passa sopra, o meglio la sensazione esatta è quella di una mano che ti entra nel cervello e ti strappa letteralmente, una parte di esso. Beh, dicono che è la parte "cattiva", "bacata", ma credo che in ogni caso era una parte di me; sentirmela strappare via con quella violenza, mi è rimasto dentro come uno degli innumerevoli "choc" ai quali mi sono sottoposto. Non è stato facile, insomma e per un lungo periodo ne ho patito le conseguenze anche fisiche... Ma anche dopo la terapia , nulla è cambiato. Non trovo lavoro, gli amici si negano alle mie proposte di compagnia, insomma sono solo...
Sono passato per una depressione profonda, non avevo più voglia di nulla e niente suscitava in me il più piccolo interesse; sono in cura da uno psichiatra, ma anche lui non ha potuto fare molto. Un giorno mia madre, l'unica che ancora mi è rimasta vicino, ha ricordato che io avevo una passione: i videogame ed i computer in genere. Nonostante che per starmi dietro, tra avvocati e danni vari fosse già indebitata fino al collo, mi acquistò un Personal Computer. Infatti mi ero dimenticato di dire, che nonostante venga da una famiglia in vista e quindi abbastanza "benestante", alla separazione tra mio padre e mia madre che tutti mi addebitano, mio padre ci ha lasciati senza una lira e mia madre non lavora avendo sessantanni. Arrivò questo PC, e per i primi tempi, lo guardavo con indifferenza; ogni tanto ci giocavo. Un giorno, tra le riviste che mi portavano in casa per distrarmi, in una sui computer, lessi di Fidonet e delle reti telematiche in genere. Così, quasi per gioco iniziai a collegarmi. Mi resi conto che a volte, mi sedevo dinanzi al PC alle tre del pomeriggio e mi alzavo alle diciotto senza accorgermene. Diventò il mio unico amico; divenni Point ed iniziai a collegarmi a molte reti e conferenze . Ma ancora mi mancava qualcosa; mi mancava il poter parlare liberamente delle mie ansie, paranoie e dei miei problemi. Avevo paura di subire l'isolamento sociale, che già avevo subito nella vita reale. Feci qualche timido tentativo attraverso PeaceLink, nella conferenza proprio sulla droga; fu come scoprire una nuova dimensione.
Trovai delle persone disponibili, ma non per questo pietose verso la mia condizione. Sono nati dei confronti interessantissimi; la mattina, non appena mi sveglio, non vedo l'ora di ricevere la posta; oramai è come se conoscessi personalmente tutte le persone con le quali corrispondo. Addirittura il figlio di uno di questi, un bimbo piccolo, nella sua innocenza e per dimostrarmi il suo affetto ha voluto mandarmi qualche spicciolo ed un portachiavi; il bigliettino che l'accompagnava diceva :" spero che non usi questi soldi, che sono tutti i miei risparmi, per drogarti ma per comperarti qualcosa di bello". Sono anche diventato il moderatore dell'area Droga; una gratificazione, che unita alla considerazione vera e disinteressata che tutti mi stanno dando, sono stati una spinta in un momento veramente difficile, durante il quale stavo per ricadere. Insomma, sto avendo una motivazione, uno scopo, una spinta che piano piano mi sta facendo ritrovare la fiducia negli altri e soprattutto in me stesso e nei mie mezzi. Con il tempo ho imparato ad usare un computer come strumento di lavoro e non solo di compagnia. Chiaramente ho iniziato anche la navigazione su Internet. I primi tempi, mi sembrava che Internet fosse una sorta di favola virtuale, dove si poteva trovare tutto e tutti; un mondo splendente, come una sorta di gigantesco luna-park virtuale.
Ho iniziato a passare intere giornate in navigazione sulla rete delle reti, ma alla fine mi rimaneva qualcosa che mi lasciava insoddisfatto. Ho dovuto fermarmi per poter analizzare cosa era quella sensazione che avevo; era insoddisfazione, mi mancava qualcosa. Mi mancava quel rapporto umano che attraverso la telematica amatoriale e quindi le reti amatoriali (Fidonet, Euronet, PeaceLink eccetera) avevo instaurato. Internet ti può facilmente portare all'isolamento; sono così tante le informazioni, le cose da vedere, le pagine nelle quali puoi interagire con programmi e non con persone, da poter passare giornate intere senza scambiare un parere con un essere umano. Ma il bello, è che non ti rendi conto di tutto questo; sei così attratto da questo universo luccicante, da non accorgerti di rimanere molto in superficie, da guardare solo l'esteriorità delle cose.
Come dicevo, con un po' di autocritica, sono riuscito a cogliere tutto questo aspetto che dapprima mi era sfuggito. Ho avuto una sorta di sindrome di Burn-Out e cioè di esaurimento delle energie, di mancanza di stimoli specifici. Per qualche giorno mi sono allontanato dal mio fedele PC. Quando mi sono risentito pronto ad affrontare quel mondo, l'ho fatto con una visione molto diversa del problema. Forse è un mio problema, derivante dalla mia tossicodipendenza e quindi dalla propensione a dipendere ed esagerare in tutto, ma poi analizzando anche altri amici o leggendo le aree e i News-Group, mi sono reso conto che non era solo mio il problema, ma di molti. Soprattutto il Web tende ad attrarre come la TV, e cioè con l'aspetto esteriore. Mi mancava quindi quello che avevo trovato nella messaggistica Echomail: il rapporto e il contatto umano che per quanto via computer, riusciva a trasmettere affetto e calore "vero". Ecco che allora ho iniziato a studiare Internet come fenomeno sociale, ho appreso come scrivere pagine di Web. E sapete come lo faccio? Lo faccio cercando di fare pagine con contenuti seri o quantomeno che possano portare alla riflessione, ma soprattutto il più semplici possibili, senza quei fronzoli che attraggono e aiutano a non pensare. Non pensare fa male e se lo dico io che le ho provate tutte per non farlo, mi potete credere.
Ora faccio l'HTML designer e "vivo" Internet in maniera equilibrata, cercando di andare in fondo alle cose; oggi, chiunque si occupi di Telematica, non può fare a meno di Internet, ma potrebbe benissimo navigare di meno e capire di più. La vera base è lo scambio di idee, pareri, critiche e consigli, così come avviene nelle varie conferenze delle reti amatoriali.
Coloro che contribuiscono o gestiscono le varie realtà locali di Internet nel mondo, hanno tutti una estrazione dalla telematica amatoriale, mentre oggi, la maggior parte delle persone che si avvicinano a Internet lo fanno di punto in bianco. La droga, la si può ritrovare in molte cose e comportamenti della vita che viene definita "normale". Ci sono persone che dipendono da migliaia di cose o da altre persone, e pensate che questi o voi non siete per questo dipendenti? Dovete solo cambiare il "Tossico" con altri sostantivi o aggettivi, ma il risultato non cambia. La mia solitudine non è il solo frutto dei miei comportamenti, ma anche dei grossi limiti della nostra società, tutta basata sulla apparenza, sull'avere materiale.
Voi forse pensate di non essere soli? La differenza tra me e voi è forse la sensibilità o i tempi. I tempi per il fatto che tutte quelle generazioni precedenti alle mie, non avendo le droghe, hanno usato l'alcool o le medicine; la sensibilità per il fatto che tutti abbiamo lo stesso malessere, ma chi è più sensibile non riesce a nasconderselo, non sa essere egoista e quindi cerca una scappatoia. E non pensate che io sia il solito "tossico" in cerca di giustificazioni ai miei comportamenti o che voglia scaricare tutta la responsabilità agli altri e sia la vittima di turno, perché così non è.
Guardatevi dentro, ma per davvero. Io in ogni caso cerco qualunque cosa alla quale aggrapparmi e piano piano...
Anche queste righe, sono un ulteriore spinta; mi è stato chiesto di scriverle e sapete una cosa, mi sento orgoglioso per questo. Chiunque leggerà questo articolo, inconsapevolmente e magari criticandolo, mi darà un'ulteriore spinta; perché se qualcuno lo legge, vuol dire che io sono vivo.
Potrà sembrare una cazzata, ma non lo è; per chi come me, ha dormito sui treni con un occhio aperto per non farsi rubare le scarpe; per chi ha pensato e ha tentato di uccidersi, perché la vita che faceva non valeva la pena di essere vissuta; per chi ha sentito la solitudine in maniera profonda; per chi ha cercato un amico e si è sentito chiudere la porta in faccia, perché provavano vergogna ad uscire con lui, il solo poter dire di essere VIVO è la conquista più grande...
Ugo Cozza
E-Mail ugo@diemme.it
Web on http://www.nsm.it/xfiles
Gian Marco: viaggio telematico della speranza
"Mi chiamo Gian Marco, ho tre anni e da un anno circa soffro di leucodistrofia. I medici hanno detto ai miei genitori che la leucodistrofia è una malattia difficile da curare e da quel che mi è sembrato di capire tra non molto raggiungerò la mia sorellina in paradiso. Io voglio molto bene alla mia sorellina, ma voglio anche bene a mamma e papà, e desidero stare con loro ancora per molto. I miei genitori sono diperati, io però... penso che qualcosa ancora si può fare. Tu che stai leggendo questa mia letterina, aiutami a trovare un buon medico che possa salvarmi. Traducila in tutte le lingue e mandala in giro per il mondo. Forse solo così riuscirò a trovare un buon medico o una buona medicina che possa salvarmi dalla morte."
Questo messaggio è presente (nella sezione degli appelli urgenti all'indirizzo ) su Internet ed è accompagnato dalla foto di Gian Marco, un bambino bellissimo che rischia la stessa sorte della sorellina, anch'essa morta per causa di una rarissima forma di leucodistrofia. Gli altri due fratelli di Gian Marco sono sani. La famiglia ha chiesto di poter tentare quest'ultimo, disperato, viaggio della speranza per cercare nel mondo altri casi simili tramite Internet. PeaceLink si è messa a disposizione, come pure il nodo Internet di Freeworld che ha offerto gratuitamente ospitalità e supporto. Quest'esperienza, avviata all'inizio di gennaio del 1996, ha fatto riferimento al World Wide Web Internet per ragioni molto semplici. In primo luogo il Web dà la possibilità di consultare da tutto il mondo una pagina con la foto raffigurante un bambino pieno di vita e le traduzioni dell'appello nelle diverse lingue. In secondo luogo tramite Internet le indagini mediante i "motori di ricerca" (come Lycos e altri) sono uno strumento molto potente per setacciare tutti i nodi mondiali della rete alla caccia della parola chiave (ad esempio "leucodistrofia" e i suoi equvalenti nelle altre lingue) e le informazioni correlate.
Ciò non esclude il ricorso a reti locali in tecnologia più povera, tuttavia è qui evidente un caso che vede Internet entrare in scena, con tutta la sua potenza, in modo appropriato e mirato. Nelle indagini - ancora in corso - si è potuto constatare tuttavia che il vero problema, in simili casi, sta nella creazione di un'equipe di lavoro in cui entrino in contatto tre tipi di competenze: quella telematica, quella medica e quella linguistica. Le emergenze mediche di questo tipo richiedono un forte lavoro di strutturazione organizzativa e di preparazione a monte. Altrimenti la mole di informazioni rischia di non essere analizzabile da chi ha solo la competenza telematica, o medica, o linguistica.
"Navigare su Internet" richiede in questi casi qualcosa di più della semplice abilità del "cliccare" o di inserire la parola chiave nei motori di ricerca. In definitiva - alla prova dei fatti - risulta che i contatti più proficui non si stabiliscono con le semplici pagine Web che si incontrano nel viaggio, ma con le tante persone disponibili che una simile "ricerca permanente" consente di aggregare. Senza persone disposte ad aiutare, a sentire il problema di Gian Marco come il proprio, Internet rimane e rimarrà una pura potenzialità. La solidarietà è una qualità da ricercarsi negli uomini, non nelle tecnologie.
Le potenzialità della telematica non saranno sfruttate grazie ad un incremento della sua efficienza tecnica ma sulla base dei progressi educativi e morali degli uomini. La creazione di "comunità virtuali" (e non) sensibili e organizzate rispetto alle emergenze mediche è il nodo del problema. Internet, in questi casi, è come un'efficiente ambulanza planetaria: di per sè non serve senza l'associazione di volontariato che si auto-organizza e la usa. E mentre i giornali hanno messo l'enfasi sull'efficienza dell'ambulanza, occorre invece notare che il nodo sta nella sua efficacia, un'efficacia che dipende dall'apparato organizzativo che incorpora il mezzo. La speranza degli uomini va affidata agli uomini, non semplicemente a Internet.