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3. LE IMPLICAZIONI AVVERSE ALLE POLITICHE ADOTTATE DALLA NATO
3.1 Tali implicazioni saranno discusse seguendo questi diversi profili:
Incompatibilità con i principi dettati dal documento finale dell’Accordo sulla non-proliferazione degli armamenti nucleari del 2000 (2000 Nuclear Non-Proliferation Treaty-NPT-Review Conference). 3.2 Quanto segue è il contenuto dell’ultimo paragrafo dell’articolo VI del citato documento: 15. Saranno adottate progressive misure di implementazione dei contenuti dell’Art VI del documento finale e dei paragrafi 3 e 4 del documento del 1995 sui "Principi ed Obiettivi per la Non-Proliferazione ed il Disarmo degli arsenali nucleari":
3.3 Sotto-paragrafo 6. Nel sotto-paragrafo 6, gli USA, il Regno Unito e la Francia si accordano per implementare un "inequivocabile promessa …a raggiungere il totale smantellamento dei propri arsenali nucleari, che porti al disarmo nucleare globale da parte dei paesi che sono impegnati a rispettare i principi sanciti nell’Articolo VI". Ciò è incompatibile con le politiche seguite dalla NATO, perché una simile promessa non può essere coerente con le posizioni adottate dalla NATO in seno ai nuovi principi strategici: "La presenza degli armamenti nucleari degli USA in Europa rimane vitale per la sicurezza della stessa…" (paragrafo 42), e "La Alleanza manterrà in futuro un appropriato arsenale composto da armamenti convenzionali e nucleari in Europa…Gli armamenti nucleari forniscono un contributo essenziale e insostituibile al fine di rendere i rischi di un conflitto incalcolabili e inaccettabili per un eventuale aggressore. Pertanto essi sono essenziali per preservare la pace" (paragrafo 46). Tale concetto viene ripreso e sottolineato nel paragrafo 62:"La suprema garanzia di sicurezza della Alleanza è rappresentata dalle forze nucleari strategiche dei paesi membri…". 3.4 Il documento finale della 2000 NPT Review Conference sancisce in modo chiaro la indipendenza degli obblighi, assunti dai paesi in possesso di armamenti nucleari (NWS-Nuclear Weapons State), secondo quanto dispone l’Articolo VI, verso il completo smantellamento degli arsenali nucleari, definito in modo inequivocabile come obiettivo finale nel sottoparagrafo 11. Ciò riflette le interpretazioni della Corte di Giustizia Internazionale, indicate nel sottoparagrafo finale delle proprie dichiarazioni ufficiali presentate nel 1996 (1996 Advisory Opinion): "Esiste il dovere di perseguire in buona fede e portare a conclusione le negoziazioni finalizzate al disarmo nucleare, in ogni suo aspetto, sotto l’effettivo e rigido controllo a livello internazionale." Le attuali politiche condotte dalla NATO ignorano tali obblighi e gli USA hanno rifiutato di aggiungere questo sottoparagrafo nel documento finale della 2000 NPT Review Conference (vedi i paragrafi 3.19-3.22). 3.5 I NWS all’interno della NATO sono i difensori degli armamenti nucleari, come strumento deterrente nei confronti di un eventuale aggressore. Nel mese di Novembre del 1999, ognuno di questi paesi ha confermato, come motivazione del voto sulla New Agenda Coalition della NATO, che il proprio supporto a questa non è fattibile, in quanto incompatibile con le proprie posizioni a favore del "nucleare come deterrente". Quanto affermato rivela l’obiettivo finale di mantenere in piedi gli arsenali e le politiche perseguite dalla NATO. 14 dei 16 paesi che non sono in possesso di arsenali nucleari si sono astenuti dal voto, nonostante le forti pressioni ricevute dai P3 (USA, Regno Unito e Francia) al fine di esprimere un dissenso, appena sei mesi dopo la pubblicazione dei nuovi principi strategici della NATO. Ciò esprime il forte e persistente disaccordo politico, cui hanno risposto i Ministri degli Esteri della NATO nel Comunicato del mese di Dicembre del 1999. 3.6 Ratificando il documento finale della 2000 NPT Review, USA, Regno Unito e Francia, con l’impegno di smantellare gli arsenali nucleari, hanno lanciato un sfida alla propria dipendenza dal concetto di "nucleare come deterrente". Non possono sostenere in buona fede entrambi i principi: pertanto le politiche della NATO devono essere revisionate e modificate, subito, per favorire l’ingresso dei P3 nei lavori di implementazione delle disposizioni contenute nell’Articolo VI (vedi paragrafo 3.2). 3.7 La corsa agli armamenti nucleari è stata trainata dal concetto di "nucleare come strumento di difesa deterrente", il cui incredibile risultato è stato la costruzione di circa 70,000 testate nucleari fino al 1986. Oltre 10 anni dopo la caduta del Muro di Berlino, circa 30,000 di tali testate sono ancora presenti, di cui 5,000 pronte per essere lanciate pochi minuti dopo l’eventuale segnale di fuoco. 3.8 Dei 182 paesi, non in possesso di armamenti nucleari, firmatari del NPT, solo 20 non rifiutano il concetto di "nucleare come strumento di difesa deterrente". Tutti gli altri hanno adottato strumenti di difesa composti da armamenti convenzionali, mezzi diplomatici, legali ed economici. Tali strumenti includono la individuazione di aree di interdizione, la costituzione di organismi come la Corte Internazionale e il supporto di iniziative di rafforzamento delle leggi internazionali, come la costituzione di una Corte Criminale Internazionale. 3.9 Pensiamo che il concetto di armamenti nucleari come "strumento di difesa deterrente" sia fondato sulla minaccia di un gesto immorale e illegale che potrebbe portare alla morte di milioni di innocenti civili. Occorre considerare poi i rischi connessi ad eventuali lanci accidentali o non autorizzati, ad attacchi terroristici, sindacati criminali ed altri irrazionali scenari. Siamo convinti che gli armamenti nucleari non siano opportuni strumenti di difesa per uno stato democratico, che essi non possano essere definiti "garanzia" per la sicurezza nazionale. Esistono alternative strategie di difesa, moralmente e legalmente più accettabili. La NATO pertanto dovrebbe considerare la opportunità di rivedere le proprie posizioni e revisionare le politiche sugli armamenti nucleari. 3.10 Ulteriori ragioni di incompatibilità, tra le politiche adottate dalla NATO ed i principi sanciti dal NPT, risiedono nelle possibili violazioni, da parte della NATO, degli articoli I e II del "Trattato di Non-Proliferazione". Più di 100 paesi hanno espresso forti preoccupazioni riguardo agli atteggiamenti e alle posizioni assunte da alcune nazioni europee, "non-nucleari", come Belgio, Germania, Grecia, Italia, Olanda e Turchia, dotate di velivoli attrezzati per compiere missioni nucleari. Attraverso il "Nuclear Planning Group" della NATO, ciascun stato membro "non-nucleare", fatta eccezione per l’Islanda, incluso Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, sottoscrittori del Patto di Varsavia, partecipa alle decisioni concernenti le politiche nucleari. Gli armamenti non possono essere utilizzati da tali paesi senza l’ordine della NATO, ma in caso di conflitto, potrebbero esserne autorizzati. 3.11 Il paragrafo 63 del NSC della NATO afferma che: "Gli armamenti nucleari in Europa rappresentano un essenziale legame politico e militare tra i paesi membri della NATO di Europa e Nord America. Pertanto la Alleanza manterrà adeguati armamenti nucleari in Europa". 3.12 Gli Stati Uniti sostengono che tali politiche non violano i principi sanciti dal NPT; ma in occasione della conferenza sul NPT del 1995, molti paesi, non membri della NATO, non accettarono tali posizioni. Le politiche adottate forniscono alla NATO una vasta gamma di opzioni, da sfruttare come giustificazione all’uso degli armamenti nucleari e come minaccia nei confronti degli altri NWS. Nella peggiore delle ipotesi, ciò comporterebbe il rischio di una guerra nucleare, nella migliore ciò potrebbe fornire maggiore valore e forza al ruolo degli arsenali nucleari, promovendo la proliferazione degli stessi. Se la stessa logica fosse adottata dai paesi, dotati di arsenali nucleari, che non aderiscono al NPT, la NATO protesterebbe, sicuramente, lanciando accuse di grave minaccia alla sicurezza internazionale. 3.13 La NATO conferma l’adozione del principio strategico di utilizzo degli armamenti nucleari, per primi, in caso di attacchi subiti con armi chimiche o biologiche; ciò pone in grave dubbio la effettiva validità delle garanzie di sicurezza, offerte dai paesi membri della NATO, nei confronti dei paesi "non-nucleari" firmatari del NPT . Un atteggiamento del genere comporta, come effetto diretto, l’aumento del prestigio e del ruolo degli arsenali nucleari e potrebbe vanificare gli sforzi compiuti per persuadere i potenziali acquirenti di arsenali nucleari. 3.14 Alla NPT Review Conference, tenutasi quest’anno, i paesi non-alleati hanno rinnovato la richiesta di "un regime di garanzie per assicurare i paesi non dotati di arsenali nucleari da un eventuale utilizzo degli armamenti nucleari". Sebbene sia stato costituito nel 1998, in seno alla Conferenza sul Disarmo, un comitato ad hoc, riguardo tali questioni, nessuna discussione è mai stata realizzata. Alcuni paesi sono interessati da tali richieste a causa della Direttiva del Presidente degli Stati Uniti del Novembre 1997, che non sembra fornire valide garanzie di sicurezza. Per esempio, se un paese dovesse attaccare gli Stati Uniti con armi chimiche o biologiche, questi potrebbero rispondere con l’impiego di armi nucleari, pertanto crollerebbero le garanzie di protezione dall’utilizzo degli arsenali nucleari. Gli Stati Uniti hanno quindi fornito segnali molto pericolosi, giustificando il possibile impiego dei propri armamenti nucleari, anche contro uno dei paesi membri del NPT (come Iraq e Libia). 3.15 Il documento finale del NPT include, nell’Articolo VII, i seguenti principi, sottoscritti da 5 paesi membri della NATO (Belgio, Germania, Italia, Olanda, Norvegia): 2. La Conferenza afferma che la totale eliminazione degli
armamenti nucleari è l’unica assoluta garanzia contro l’uso o contro
la minaccia dell’uso degli armamenti nucleari. 3.La Conferenza conferma l’impegno da parte delle potenze nucleari, secondo quanto disposto dalla Risoluzione 984 (1995) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a fornire un adeguato regime di garanzie nei confronti dei paesi "non-nucleari" che aderiscono al NPT. Tali impegni possono essere compromessi dalle posizioni della NATO, che ritiene ancora giustificabile l’eventuale utilizzo, per prime, delle armi nucleari, ad ogni modo illegale (vedi paragrafo 3.2). La sicurezza dei paesi membri della NATO. 3.16 Oltre ad essere incompatibili con il documento finale del NPT, le dichiarazioni della NATO sul ruolo "essenziale", per la propria sicurezza, degli armamenti nucleari, rappresentano la principale causa di rottura dei processi di non-proliferazione, come dimostrato dalle recenti vicende che hanno coinvolto India e Pakistan, nel 1998. Da ciò nasce una pericolosa minaccia: la diffusione di arsenali nucleari all’interno di regimi terroristici, lungi dall’essere persuasi dalle politiche "deterrenti" adottate dalla NATO, così come il rischio di una nuova corsa agli armamenti e di una nuova Guerra Fredda, con il pericolo di un conflitto nucleare. 3.17 Gli arsenali nucleari non presentano alcuna utilità, in termini di sicurezza interna, poiché i più gravi problemi derivanti da eventuali conflitti sono costituiti dal collasso dell’economia nazionale, dai disastri ambientali, dalla povertà, dalla scarsità di risorse idriche. Per contrastare tali emergenze sono necessari fondi, che invece potrebbero essere allocati in modo distorto ed inefficiente, proprio a causa della presenza di arsenali nucleari. Ci sono inoltre i rischi di una contaminazione radioattiva, che potrebbe rendere la situazione ancora più critica. 3.18 L’unica soluzione per tali situazioni di emergenza è rappresentata da iniziative di cooperazione internazionale, che sono invece inibite ed ostacolate dalla segretezza, dal sospetto e dalla ostilità che accompagnano le politiche nucleari. Le opinioni della Corte di Giustizia Internazionale (1996 Advisory Opinion). 3.19 L’8 Luglio 1996, la Corte di Giustizia Internazionale ha dichiarato, all’unanimità, che l’uso o la minaccia dell’uso di armi nucleari, dovrebbero essere giudicati alla luce delle Leggi Internazionali sui Diritti Umanitari, di cui i principi di Norimberga sono parte. La Corte ha dichiarato che, a causa del particolare e unico potenziale potere distruttivo, l’uso o la minaccia dell’uso di armamenti nucleari devono essere considerati ad ogni modo illegali. Ciò comporta serie implicazioni per le politiche di pianificazione e sviluppo degli arsenali nucleari della NATO. In particolare tutte le decisioni, prese in seno alle istituzioni militari, devono essere conformi alle leggi, affinché si possano distinguere le azioni terroristiche da quelle di difesa militare. 3.20 L’uso, per primi, degli arsenali nucleari in caso di attacco subito con armi chimiche e biologiche, deve essere considerato illegale. Anche in presenza di gravi minacce alla sopravvivenza, l’uso degli armamenti nucleari, come quello di qualsiasi altre armi, dovrebbe essere tale da non minacciare la vita della popolazione civile, l’equilibrio ecologico e la sicurezza dei paesi neutrali, il che significa che in nessun caso l’uso degli arsenali nucleari potrebbe essere considerato legale. Per esempio, il sottomarino Britannico Trident è equipaggiato con 16 missili, pronti per il lancio, ciascuno dei quali dotato di tre testate termonucleari da 100 kiloton ognuna, aventi un potere distruttivo pari a 8 volte quello della bomba sganciata su Hiroshima. Pertanto anche una sola di queste testate avrebbe un potenziale tanto micidiale da non potere mai essere impiegata legalmente. 3.21 A distanza di quattro anni, la NATO non ha ancora preso alcuna posizione riguardo alle opinioni espresse dalla Corte di Giustizia Internazionale. Comunque, nel mese di Novembre del 1998, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Uniti ha dichiarato: "Assieme agli altri Governi dei paesi membri della NATO, abbiamo proceduto, recentemente, alla revisione dei principi strategici della Alleanza, concludendo che gli arsenali nucleari, come strumento deterrente nei confronti di ogni eventuale aggressore, rimangono una pietra angolare della difesa militare. Non sarà possibile rendere il processo di disarmo più rapido, affermando che i principi fondamentali della nostra sicurezza, da 50 anni a questa parte, siano da considerare illegali." Considerando la insistenza con cui gli Stati Uniti si sono rifiutati di inserire nel documento finale del NPT, il sottoparagrafo finale delle Opinioni pubblicate dalla Corte di Giustizia Internazionale (vedi paragrafo 3.2), la NATO non può lamentare di essere accusata di oltraggio alla Corte e di inosservanza delle leggi internazionali. 3.22 Le opinioni della Corte di Giustizia sono utilizzate da alcuni gruppi di attivisti non-violenti, in molti stati membri della NATO, per sostenere il processo di disarmo e invocare il ricorso alle leggi internazionali, contro la minaccia dell’uso degli armamenti nucleari da parte della NATO, come i Principi di Norimberga a difesa degli sforzi compiuti per prevenire il compimento di un grande crimine nei confronti dell’umanità. Queste azioni hanno l’obiettivo di porre all’attenzione dell’opinione pubblica la necessità di una forte pressione politica e legale, al fine di realizzare lo smantellamento degli arsenali nucleari. L’opinione pubblica. 3.23 Indagini condotte negli anni 1997-1998, in stati membri della NATO, mostrano che l’opinione pubblica sarebbe favorevole alla negoziazione da parte del proprio Governo di una Conferenza sugli armamenti nucleari (87% delle persone intervistate in Gran Bretagna e Stati Uniti, 72% in Belgio, 93% in Canada e 92% in Norvegia). In Germania, circa l’87% delle persone intervistate sarebbe favorevole al totale smantellamento degli arsenali nucleari, nel più breve tempo possibile, mentre il 62% degli intervistati in Olanda non è favorevole all’impiego degli armamenti nucleari, come strumento di difesa, non ritenendoli opportuni e essenziali, nella convinzione che, comunque, un mondo libero dagli arsenali nucleari non sia realmente ipotizzabile e fattibile.
La revisione delle politiche della NATO sugli armamenti nucleari
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