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23/11/2000 - Bologna:
Una Lotta di tutti: Aspettando Porto Alegre parliamo di MST e lotte sociali e agrarie in Brasile

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Brasile

Malattia di Pa Zé; un’accusa argomentata; due critiche senza nerbo; fermento alla COCAMP; sua necessitè per il Movimento; ipotesi sui rallentamenti; correttezza dei controlli e soggettività della matematica finanziaria; un esempio; corruzione e suo effetto sulle masse; sua diffusione nel mondo politico; atteggiamento dell’MST su essa; considerazioni tettiche sull’uso rivoluzionario della corruzione e delleconcussioni; pragmatismo e disfattismo; Zé e Diolinda; loro patrimonio e loro casa; pregiudizii; segnali di responsabilità; un momento di agitazione; violenze, torture e mafiate; poliziotti coscienziosi; una giudicessa indegna; uno sgombero; altre violenze; i compagni della Castelo Branco; carceri; lotta di classe; movimento carcerario; strategia nonviolenta; amici avvocati; nostro ruolo; istituzioni alla prova; due pesci che abboccano; fazenda da svago; zona commissariate; intuito politico del Movimento; contrattazione complicata; nuovi e vecchi sistemi; scontro istituzionale pesissimo; destabilizzazione profonda; menate di saluto e inizio di depressione patriottica
di Giovanni Nicosia - [email protected]

MST
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Ciao a tutti

Sono tornato ad Osasco, dopo un viaggio interessante nello stato di Rio Grande do Sul.

Non scrivo da molto tempo e le cose da raccontare sono tante. Questa probabilmente è l’ultima lettera che scrivo dalla parrocchia di Nossa Senhora das Graças: purtroppo domani la festa finisce e si torna nella "turrita".

La situazione qui è un po’ cambiata: Pa Zé sta male, e deve passare molto tempo a letto, cosa che non si addice alla sua indole vivace e gli impedisce di seguire le tantissime iniziative cui, con Pa Tiao ha dato vita. Non è niente di grave, passerà presto, ma si tratta di una manifestazione acuta della malattia che lo affligge da tempo, il morbo di Parkinson. È una brutta bestia, ed il pensiero che un uomo come lui rischia di perdere la ragione, come accadde a mia nonna, mi rattrista molto. È un uomo buono e colto, che ha fatto tanto e che ancore tantissimo potrebbe fare.

Al mio arrivo, Pa Tiao mi ha accolto mostrandomi un articolo apparso sulla Folha de S.Paulo il giorno 10 settembre, contenente un durissimo attaco all´MST, a firma di Josias de Souza, giornalista conosciuto e stimato, che, mi dicono, è stato un testimone coraggioso e veritiero di ciò che accadeva durante la dittatura. Il fatto che la critica provenga da un personaggio di grande spessore non è di per sé una garanzia, tuttavia debbo riconoscere che é il primo articolo che leggo che contenga accuse molto ben referenziate.

In genere i detrattori del Movimento ne criticano il fatto di essere un movimento politico, e non sociale, e cioè di avere tra i suoi obbiettivi la presa del potere. È una critica bovina: ci mancherebbe altro che l’MST non rivendicasse un cambiamento radicale e profondo di tutta la situazione sociale, senza il quale la Riforma agraria non servirebbe a nulla, ma questo si può ottenere solo attraverso strumenti politici, che non consistono necessariamente nel presentarsi alle elezioni. Da noi la riforma agraria c’è stata, ma la povertà è rimasta sino allo sviluppo idustriale.

Un’altra critica di basso profilo, ma purtroppo di grande efficacia propagandistica è quella che l’MST sarebbe un movimento guerrigliero e violento, dedito alla sovversione armata. La sovversione dell’ordine costituito è certamente uno degli obbiettivi del Movimento, essendo tale ordine uno strumento criminale che produce esclusione sociale, abbruttimento umano e morte per fame, ma nelle condizioni storiche e culturali in cui si trova il Brasile adesso l’opzione armata è stata scartata con decisione. Allontanerebbe le masse dalla lotta, isolando l’avanguardia, e renderebbe le ragioni della liberazione contadina invise all’opinione pubblica mondiale, la quale in queste cose ha un suo peso.

Clinton non può ordinare al suo vassallo Fernando Henrique di liquidare in breve l’MST come invece può fare con Fujumori, chiedendo la testa di Guzman e di tutti i senderisti.

L’MST non è un movimento di lotta armata, fermo restando il diritto di difendersi dalle agressioni più violente che partono sempre dalla polizia o dagli squadroni di sgherri dei fazenderi. Le provocazioni sono tante, e tanti gli episodii di violenza, od i complotti giuriridici contro i compagni.

Ora c’è anche questa faccenda delle inchiesta sulle cooperative. Nell’articolo Josias de Souza accusa il dirigente José Rainha di essersi intascato i soldi che due enti statali hanno erogato come finanziamenti per la costruzione deglle strutture e l’acquisto dei macchinarii della COCAMP di Teodoro Sampaio, definita "impianto di torrefazione del pubblico denaro". Una inchiesta della Secretaria Federal de Controle Interno, che credo sia una specie di Corte dei Conti, o di Guardia di Finanza, ha esaminato carte e bolli per 35 giorni, ed ha concluso che le spese della coop non raggiungono la somma dei prestiti ricevuti dagli enti statali.

L’articolo profonde dettagli e conti, che invierò agli interessati che mi richiederanno questa sfilza di dati molto precisi e molto noiosi. Dice de Souza che "l’unica cosa che si muove i nel complesso agroindustriale dell’MST sono i cinque camions", che tra l’altro, dice, sono roba vecchia venduta per nuova, almeno sulla carta.

Che fine hanno fatto i soldi spariti? C’é stata superfatturazione?

Ho visitato due volte la COCAMP, ho potuto vedere di persona, e poi descrivere, tutti gli impianti ed i locali. È vero che la farineria e la fecolaria non stanno producendo, è vero che la produzione di latticini e succhi di frutta è ancora solo sperimentale, è vero che i silos per magazzinaggio sono vuoti, è vero che le macchine sono ferme e gli edificii ancora in costruzione.

Ma è anche vero che questa costruzione sta avanzando: di questo ho avuto la misura direttamente nella mia seconda visita, quando ho visto che ad esempio il caseificio era quasi finito, mentre la prima volta non c’erano neanche le piastrelle. Ho visto avanzare tutto, ed ho visto di persona, con i miei due bulbi oculari, i compagni e le compagne che lavoravano sodo per realizzare lo strumento della loro liberazione economica. Entrambe le mie visite hanno disturbato compagni indaffaratissimi, che mescolavano il cemento, collocavano mattoni, istallavano fili, tubi e macchine, misuravano, tagliavano, tampicchiavano, e ciappinavano.

Del resto non c’è tempo da perdere: la coop serve sul serio a questi contadini che cercano sbocchi per i loro prodotti, e cui non conviene sopportare lo sfruttamento commerciale dei colossi multinazionali. Quel che pagano questi colossi è molto inferiore a quanto potranno realizzare gestendo dirattamente tutto il processo dei prodotti, dalla terra alla vendita al dettaglio. Si tratta ovviamente della convenienza di saltare i passaggi del mercato, con la variante che chi, oggi, nel mercato brasiliano compra le materie prime è quello che poi raffina, lavora e vende nei supermercati, in una situazione di oligopolio (ed in alcuni casi l´"oligo-" è un "mono-"), e dunque ha il potere di abbassare i prezzi a piacimento. Chiamasi sfruttamento.

La cooperativa ha il compito principale di fornire nuove vie per collocare i prodotti degli insediati, e questa è una nacessità reale. Dunque sono convinto per questi motivi strutturali che non sia una bubbola per accaparrarsi il pubblico denaro, come quelle strutture fantasma con cui alcuni amministratori del nostro sud cuccavano i fondi della Cassa del Mezzogiorno.

Fermo restando che non so da quanto tempo le cose siano in construzione e non posso fornire argomentazioni dettagliate su ogni singolo fondo erogato, tuttavia ritengo che se ci sono stati blocchi nei lavori, essi siano dipesi dalla lentezza delle erogazioni finanziarie e del loro effettivo compiersi, oltre che dalle necessità della mobilitazione politica, che occupa i compagni e li distoglie dalle altre attività.

Quanto ai fondi spariti, Rainha afferma che la COCAMP non ha paura di nessun controllo che sia corretto. Il problema è proprio questo: il fatto è che la matematica, e specialmente quella che conta dinajo, è in tutto e per tutto un’opinione. E tale opinione può differire dalle aspettative del Movimento, specialmente se i calcolatori hanno tutto l’interesse a mostrare che questo non è che una banda di ladri.

Interessante notare, per convincersi di quanto sia grave esposizione all’arbitrio in casi come questo, che mentre pare che non ci sarà una Commissione Parlamentare di Inchiesta (CPI) sul caso dei soldi intascati per la costruzione di un palazzo nuovo per un Tribunale (S. Paolo, credo), è molto probabile che se ne faccia una per indagare sui presunti misfatti economici, non della COCAMP, ma, già che ci siamo, anche di tutte le cooperative del Movimento. I treni bisogna prenderli in tempo, sennò chissà quando ripassano! Già altre strutture di indagine dai nomi a me poco chiari (CTU...) si stanno preparando a vagliare i documenti ed i bilanci.

Troveranno gli incorruttibili superindagatori la maniera per incastrare il maggior movimento sociale del paese, come lo chiama lo stesso de Souza? Basterà loro ragionare coerentemente sui dati raccolti, o si dovrà ricorre ad argomentazioni capziose? Dovranno ricorre alla produzione di prove in proprio o la realtà che selezioneranno ed esamineranno basterà a screditare l’MST nell’opinione publica?

Non saprei fornire una risposta soddisfacente. De Souza conclude lamentando che "una puzza di pesce marcio esala dai pori del più importante movimento sociale del paese. Difficile dire quale sarà il volto dell’MST dopo gli sbuffi d’aria fresca soffiati dalle indagini. Ma è certo che perderà quell’aria di innocenza immaccolata. Un peccato." Pare dispiaccia anche a lui che l’MST si riveli meno poetico e senza macchia di quel che sembra.

Certo: l’opinione pubblica, il cui consenso è un’arma importante per il Movimento, ne sarebbe molto negativamente influenzata. Il popolo in generale non è marxista, se non dopo un processo politico che ne favorisca la presa di coscienza. Così a pelle, la sensibilità popolare ha bisogno di figure poetiche, di Robin Hood, ed in fondo questo è anche un buon segno. Il Movimento si è sino ad ora presentato in forma molto apprezzabile, con parole d’ordine che la gente condivide, e tra cui spicca la lotta alla corruzione.

L’uso di offrire ed accettare mazzette, di subordinare i prorpii compiti ai prorpii interessi è molto diffuso, non solo nel ceto politico, ma anche in grandi settori del popolo. Non è solo il sottoproletariato che vende ad esempio il suo voto. Questo non per una caratteristica naturale del popolo brasiliano, ma per la precarietà economica in cui ciascuno vive tutta la vita, e che effettivamente abbruttisce. Anzi, per la situazione in cui la storia lo ha piombato, il popolo brasiliano reagisce piuttosto bene, non lasciando inacidire la propria allegria e la propria solidarietà, entrambe grandissime.

La corruzione la conosciamo bene anche noi, ma qui di Craxi ce ne sono di più, nazionali od importati. Per questo tutte le campagne elettorali di tutti i partiti cominciano con discorsi contro la corruzione. Poi quasi tutti si fanno corrompere, chi più chi meno. Anche a sinistra, parliamoci chiaro, sebbene un po’ meno.

L’MST parrebbe un po’ diverso: è altamente democratico, ha molti strumenti di controllo dal basso di tutte le fasi decisionali e di gestione. In un movimento democratico è difficile rubare in proprio: al massimo si ruba tutti insieme.

Insomma, anche in caso che le indagini mostrassero reali ammanchi e barbatrucchi, credo che si debba distinguere molto bene due possibilitá: se i soldi sono andati a finanziare altre iniziative o strutture del Movimento, o se non finiti a casa Rainha.

Questo perché avviene che "legale" e "giusto" in Brasile, come in tutti i paesi affetti da Capitalismo cronico, siano cose molto diverse, e che le scuole e le manifestazioni siano cose bellissime e necessarie che costano molto. Dunque credo che piuttosto che non riuscire ad agire perché mancano fondi per gli autobus o per gli striscioni, una volta che si è certi di lavorare per un fine etico (e questo credo che tra compagni sia fuori discussione), anche qualche manino per recuperare risorse non è una cosa negativa, ma anzi, se non ha conseguenze nell’opinione pubblica e non offre scusanti alla repressione (come forse in questo caso), è una cosa da fare. Dell’ordinamento legale borghese non debbono preoccuparsi i rivlouzionari, se non in considerazioni tettiche. Se furto c’è stato ed i soldi son serviti ai fini istituzionali del Movimento, l’unica colpa dei compagni è quella di essersi fatti beccare dal potere, che persegue i fini istituzionali suoi di oppressione.

Altri movimenti fanno ben di peggio, finanziandosi con sistemi che mettono a rischo la pelle di militanti e di innocenti, mentre l’MST considera la tattica di far rapine nelle banche svantaggiosa ed inadatta alla situazione.

Tra compagni possiamo fare queste considerazioni: siamo tutti maggiorenni ed abbiamo perso da tempo la verginità. Ma il pragmatismo non è gradito alle masse, specialmente quando tutti i telegiornali dipingono disfattisticamente tutto ciò che è politico come delinquenziale e sporco. Il mio sospetto è che sia stata la popolarità crescente dell’MST tra la gente comune statisticamente sondata in lungo e in largo a dare origine alle iniziative di indagine, e a mobilitare anche il da Souza.

Se invece i soldi fossero finiti nelle prorpie personali tasche di José Rainha, allora la cosa sarebbe differente, e l’orizzonte della riforma agraria comincerebbe a colorarsi di socialismo "ordine craxiano". Anzi di peggio, perchè ci sono di mezzo milioni di persone nelle baracche di lona preta, e dei morti.

Ora: io conosco personalmente Zé Rainha e sua moglie Diolinda Gonçalves, ed ho mangiato fagioli con loro (in senso letterale, non metaforicamente), ma non ho una confidenza tale da esaminare il loro conto in banca, ammesso che ne abbiano uno. A questo son certo che provvederanno le Istituzioni, maiuscolate in gloria. Però quel che è parso a me è che si tratti di persone molto semplici, schiette, con le idee chiare, alla contadina, cui mal si addice la doppiezza. E soprattutto non ho visto segni particolari di lusso o di superbia, cose che in genere caratterizzano i tangentari ed i maneggioni di ogni ordine e grado. Gente che parla chiaro e scrive grosso, e che tratta tutti da pari a pari, che sian ministri o militanti di base.

Hanno in Teodoro Sampaio una casa un po’ più grande e messa meglio del normale, è vero, ma per questo c’è una spiegazione: l’impresa che costruì la famosa diga sul Paraná lì vicino, che infiniti addusse casini agli abitanti dei paraggi, costruì case per il proprio personale. Trattavasi di muratori e operaii, di impiegati e di ingegneri. Per queste tre differenti specie di mammiferi, la mentalità aziendale classista concepì di costruire case diverse, in cui ognuna si trovasse in condizioni di vivere a prorpio agio, nel suo ambiente naturale. E dunque furono costruite case brutte e piccole per gli operaii, case belline per gli impiegati e case bellissime per gli ingegneri, con addirittura pareti in mattoni, e non in legno, e pavimenti a piastrelle, e non in cementina grezza.

I compagni di oggi erano allora in gran parte nel movimento che lottava contro questa diga, ed un bel giorno, a diga quasi finita, quando l’azienda abbassò la guardia, occuparono un po’ di quelle case, e se le distribuirono, dando le più grandi a chi aveva bisogno di più spazio per schiaffarvi dentro la famiglia o cose del genere. A Rainha e consorte toccò una casa di quelle belle.

Tutto ciò lo so perché le illazioni e confutazioni sul mistero di come una coppia contadina povera di organizzatori ed agitatori di altri contadini poveri sia riuscita a procurarsi una casa bella e spaziosa sono un classico delle maldicenze che circolano in Teodoro Sampaio contro il Movimento.

Se uno è povero ed ha una cosa bella è certamente perché l’ha rubata, o perché ha fatto un favore alla Mafia. E invece no: c’è al mondo gente che le cose belle se le conquista, e che occupa e lotta per la giustizia sociale. La casa bella ce l’hanno, ma non l’hanno comprata con nessun fondo nero e senza vendere l’anima al diavolo. Anche Serginho, che è povero in canna e che non ha nemmeno la possibilità di vendere niente, ne ha una, che sta lentamente ristrutturando.

In generale la repressione è ora molto attiva, complici le prossime amministrative, che costringono ogni sindaco destrorso a mostrare i muscoli per sedurre l’elettorato bempensante, così come fanno molti animali selvaggi nella stagione degli amori. Per questo è importante non fornire ai pulotti dei pretesti per menare le mani e arrestare la gente. Da ciò la decisione comunicata dallo stesso Rainha alcune settimane or sono di liberare un’area occupata eseguendo un ordine della magistratura, comunque ritenuto ingiusto. C’era troppa voglia di violenza nei pulotti del Pontal, e si è voluto dare un segnale di responsabilità evitando occasioni di scontro.

D’altra parte ora la gente è più sensibile a quel che succede, e si leggono più giornali. Per questo qualunque movimento è in condizione di fare qualcosa senza farsi malmenare si mette in agitazione.

Ora la stretta contro il Movimento è particolarmente forte, e si moltiplicano i prigionieri. Gli sgomberi si fanno sempre piú violenti, specialmente in Paraná, che è uno stato ricco e moderno, e negli stati più arretrati, come Pernambuco, Alagoas e Tocantins dove più grande e radicato è il poteredei fazenderi.

Lì c’è un uso abbastanza sistematico della tortura. Si racconta di poliziotti incappucciati, privi di targhetta di identificazione, che operano nelle azioni più sporche. Alcuni ufficiali della Polizia Militare sono affiliati alla UDR. Sgomberi notturni, contro la norma di legge che li prevede solo di giorno, cui partecipano sgherri privati, con incendii di baracche, spari ad altezza d’uomo, cariche a cavallo ed attacchi con i cani addestrati. Gli occupanti talora sono fatti sdraiare per terra, o sono caricati su camion e poi liberati nella campagna, lontano dagli accampamenti, nella notte. Molte di queste azioni avvengono senza mandato, con la connivenza dei magistrati che si rifiutano di registrare i verbali e le accuse dei compagni. Una volta terminata un’azione intimidatoria, essa scompare, non essendo verbalizzata in nessun documento. È dunque impossibile reclamare.

Avvengono anche assassinii in pieno stile mafioso, ed umiliazioni, atti simbolici volti ad intimidire e demoralizzare il Movimento. In Alagoas, durante uno sgombero, la polizia legò un compagno ad un albero, lo flagellò e poi gli spalmò un cocomero addosso, che in quella zona è tradizionalmente segno di disprezzo.

Fu la polizia, un’istituzione statale, e non una squadraccia agli ordini di un fazendero.

La polizia e la magistratura sono organicamente compromesse col sistema di sfruttamento e repressione.

Jaime Lerner si è dichiarato espressamente amico dei fazenderi, come pure la giudicessa Elizabeth Kather, che, tra un churrasco con un latifondiario e l’assoluzione di uno sgherro, firma mandati su mandati. É stata più volte beccata a festeggiare la riuscita di uno sgombero nelle ville di alcuni fazenderi, ma non ci sono, lamenta la Folha di S. Paulo, gli estremi per un trasferimento di incompatibilità ambientale.

Un mese fa avenne uno sgombero in S.José dos Campos: i pulotti giunsero di mattina presto col mandato; si trattò un poco sulle modalità, non essendoci le condizioni per resistere, e si concordò un ultimatum. Il campo era quasi del tutto smontato, e la gente si preparava a lasciare la zona, quando l’ufficiale responsabile di piazza, evidentemente incaricato di portare a casa la vittoria in una facile prova di forza, ordinò la carica, ben prima dello scadere del tempo previsto. Quattordici uomini furono portati al commissariato, mentre, fatti stendere gli altri per terra, i pulotti fecero spogliare le donne, col pretesto di cercare armi e droga. Non si trovarono né le une, né l’altra, ma si produsse molta rabbia ed umiliazione. Quasi tutti i prigionieri furono poi rilasciati dopo un ricorso, e se ho ben capito ne restano in carcere solo tre.

La violenza è tanta, specialmente contro le manifestazioni. Il Movimento è il primo della lista della repressione. Ho già raccontato della morte del compagno Antonio Tavares, delle violenze del 2 maggio in Paraná. Si è parlato molto del giudizio sul massacro di Corumbiara, farsa grottesca in cui si sono condannati due occupanti che si difendevano, ed un solo pulotto, anche lui di umile origine, essendo assolti tutti gli ufficiali che hanno comandato le esecuzioni. Ora la nuova notizia è quella della recente esecuzione di due compagni nel Mato Grosso, attirati con uno stratagemma in una trappola, e torturati per ore prima di essere uccisi.

I sei compagni catturati in occasione del blocco dell’autostrada Castelo Branco sono da un anno in carcere. Le loro condanne sono di 11 anni per il presunto capo, 10 e 9 anni per gli altri, a seconda della fantasiosa attribuzione di reati. Danneggiamento, furto, incendio doloso. Dopo varii trasferimenti in carceri separate sono finalmente stati riuniti ad Itapetininga, in seguito a lunga contrattazioe del Movimento col Ministero degli Interni. Nell’attesa dei tempi giuridici del proceso di secondo grado, si tenta di trasferirli al Carendiru, carcere di S.Paolo. Se l’appello non darà esito, si tenterà con l’ultimo grado di giudizio, a Brasilia.

Il più vecchio di loro ha 25 anni, rischia di passare in carceri sovraffollate la maggior parte della giovinezza, per un processo tutto indiziario: i danni ci sono stati quando la polizia ha caricato sparando, e la folla ha attraversato di corsa lo sbarramento del pedaggio. Due postazioni sono andate distrutte, ma non c’è uno straccio di prova che siano stati i sei condannati a fare i danni. Si è voluto punire il movimento.

Finire in carcere qui è una cosa molto brutta. Lo stato delle prigioni è a livelli di primato negativo mondiale ed i dei detenuti vivono in maniera animalesca ed indegna. Il sovraffollamento è di regola nella misura del 40% in piú della capienza ordinaria: in una cella da 10 persone ce ne sono 14. Non tutte le celle sono dotate di servizii igienici. Cagare nel vaso, di fronte a molte altre persone, e non potersi lavare, col caldo che fa in certi mesi. La pena non è solo privazione della libertà: è privazione delle condizioni di umanità, è educazione ad una vita animalesca. Le rivolte sono continue.

Molti istituti di pena non danno ai prigionieri una alimentazione sufficiente, ciò che genera grandi azioni di protesta, normalmente risolte in grandi repressioni ignorate dalla gente libera. Ricordo che anche alla Dozza, carcere di Bologna, si pose questo problema, con in più la mafia dello spaccio interno, che aveva prezzi molto più alti del mercato extracarcerario.

Solo alcuni hanno strutture per il lavoro ed il reiserimento professionale. Ricordo ad esempio che la Stazione Ferroviaria di Sorocaba, che oggi ospita un museo ed un centro di studii storici, è stata restaurata da un gruppo di muratori esperti in resteuro, di cui buona parte erano membri di un collettivo di carcerati. Sono sempre cose a metà tra la riabilitazione e lo sfruttamento, come da noi, ma per i carcerati cose di questo genere rappresentano una importante occasione per sentirsi vivi e partecipi del mondo esterno.

Non so nulla della condizione dei detenuti politici, se sia diversa, se debbano soffrire attenzioni particolari da parte dei secondini, se abbiano diritto di assemblea e di studio. Pa Ze mi dice di no: l’unica differenza tra detenuti è che chi può permettersi di pagare una certa somma ha diritto ad una cella più comoda, con meno gente, bagno servizii. Lotta di classe anche nella detenzione.

Le carceri brasiliane sono in questi giorni in grande fermento. I detenuti protestano in varii modi per ottenere condizioni di vita più umane. Non sono molto informato, ma pare che esista un vero e proprio Movimento carcerario simile a quello che cambiò le nostre carceri negli anni settanta, e che ora torna a protestare in tutta Italia contro l’annullamento delle conquiste di allora. È una cosa ciclica anche qui: conquista e ritorno al passato si alternano.

Con tutto questo il Movimento non ritiene di dover cedere all’istinto di far cantare i fucili per far giustizia. Non ci sono le condizioni militari e politiche per sostenere un confronto diretto con la Polizia Militare. La strategia è un’altra, e si basa sulla controinformazione e sulla ricerca di consenso nell’opinione pubblica.

Il Settore dei Diritti Umani è la struttura nazionale del Movimento cui compete l’aiuto giuridico ai detenuti e la diffusione delle campagne in loro favore. Opera a stretto contatto con un movimento di avvocati popolari, la RENAAP (Rete Nazinale Avvocato Popolari), che si basa sostanzialmente sul volontariato. Purtroppo le risorse sono poche, e sono provvidenziali gli interventi di compagni come Luca di Yabasta, che ha contribuito con una buona somma a questa necessità. È un campo in cui i compagni sollecitano l’impegno della solidarietà politica internazionale. Ci sono progetti di corsi per preparare i compagni in diritto civile, penale e del lavoro, per dare una mano agli avvocati e diffondere coscienza dei diritti. Come sempre il Movimento reagisce diffondendo cultura.

Approfittando del clima di questi giorni di campagna elettorale, i Sem Terra attaccano in grande stile le autorità, sempre tentando di non mettersi in situazioni di rischio troppo grande. Il paese è in fregola per rinnovare i consigli comunali. Tutti parlano di cambiare le cose e di rafforzare le istituzioni democratiche. Bene: mettiamole alla prova queste belle istituzioni, per vedere se cedono alle pressioni del più organizzato movimento sociale del continente, se ascoltano le sue rivendicazioni, o se invece reagiscono reprimendo.

Circa settecento compagni si sono accampati a lato di una fazenda di proepietá dei figli del presidente, sono riusciti a provocare uno scontro istituzionale pesissimo tra quest’ultimo ed il governatore di Minas Gerais, Itamar Franco.

Infatti Cardoso come ha saputo la cosa ha istericamente fatto schierare l’esercito, che è una struttura federale sotto il suo controllo: il governatore di Minas si è sentito scavalcato, ed ora sta litigando e brigando perché la guarnigione federale se ne vada e la vicenda venga gestita dalla sua polizia. È un mese e mezzo che litigano per varie questioni di questo genere, ma ora si è giunti ad un ultimatum di Itamar contro Fernando Henrique: o ritiri l’esercito o... non si sa.

C’è stato tra i due uno scambio di lettere piene di accuse di autoritarismo, anticostituzionalità, e "bazófia", che non ho ancor capito cos’è, ma non deve essere gentile.

Si contendono a morsi la prerogativa di sgomberare i 700 compagni, che intanto giocano a minaciare l’invasione, reiviarla, far finta di cominciarla, gniccare, indugiare e tergiversare, al fine di limare i nervi dei pulotti e dei superiori.

La fazenda è grande, ed i figli del presidente la usano il fine settimana. Si trova vicino a Buritis, in un territorio che appartiene allo stato di Minas, ma in una zona che si chiama Intorno del Distretto Federale, nella quale, se ho ben capito, alcune funzioni sono amministrate direttamente da Brasilia.

Ci sono regioni del paese che il governo federale amministra in prima persona, non essendoci le condizioni, dicono, per lo sviluppo di un governo locale. Non ci son sindaci né elezioni, solo ordini dall’alto, anzi dall’altissimo. Una è nello stato dello Acre, che credo sia il piú arretrato e malmesso di tutto il Brasile. Là non c’è nemmeno l’MST. Altre sono sparse in giro, nelle situazioni geografiche più inospitali.

Credo che lo scontro istituzionale in corso riveli contrapposizioni più antiche, basate su altre questioni di prerogativa e competenza. Per questo l’MST, a mio avviso, ha azzeccato l’iniziativa: sono le contraddizioni del sistema le armi migliori dei compagni. Per questo bisogna studiarle a fondo e saperle usare.

Itamar Franco è un indipendente, nel senso che non ha partito. Vorrebbe che fosse la Policia militar di Minas a fare da protagonista nel risolvere la situazione, e non forze federali. Il Movimento sta usando la situazione per far pressione: si ritireranno se il governo accettera alcune condizioni, tra sui la liberazione di risorse per alcuni progetti, l’insediamento di 75.000 famiglie accampate in varie zone del paese, programmi di assistenza tecnica alle cooperative del Mvimento, che il governo prima varò, e poi chiuse quando cominciarono a ravvisarsi presunte frodi fiscali e desvii di denaro pubblico , come nel caso della COCAMP. La contrattazione è ferma, perché il governo federale vorrebbe la linea dura, mentre il governatore di Minas propone negoziazioni differenziate, l’uno fingendo di ignorare l’altro ed entrambi millantando legittimità assoluta di controparte.

Al blocco delle istituzioni, c’è chi propone mezzi clandestini e piú tradizionali per risolvere la cosa: un incendio di probabile origine dolosa è scoppiato ieri vicino alle baracche di tela di plastica e canne, e per un miracolo non c’è scappato il disastro.

Poi ci sono le contromosse governative come il congelamento dei finanziamenti a progetti di sviluppo agricolo in cui ci siano di mezzo i Sem Terra o i loro sostenitori in tuto il paese, contro il Movimento, e l’ordine impartito direttamente dal Planalto alla Polizia Militare di Minas di impedire una eventuale invasione dei Sem Terra nella fazenda, cioè di fare quel che sta facendo l’esercito.

Il Movimento reagirà, penso, nel solito modo: includerà anche questo punto nella trattativa, e non ne soffrirà piú di tanto se la cosa si risolverà in fretta, diciamo prima del secondo turno delle amministrative. Infatti molti progetti già stavano fermi per varie ragioni, e le elezioni sono una buona occasione per tenere alta l’attenzione della gente e dei partiti su tutti i temi di ordine sociale. I megafoni elettorali vanno usati. È ora in corso una grande campagna di occupazioni dei palazzi dell’INCRA e di piazze antistanti i parlamenti statali e le banche, e sono frequenti gli incontri tra rappresentanti del Movimento e parlamentari dei partiti della sinistra, perché tentino mediazioni e facciano pressione in parlamento.

Itamar invece non sa che pesci pigliare: è stato scavalcato ancora una volta, vedendo Cardoso che da ordini alla polizia di casa sua,con la complicità di alcuni suoi sottoposti che mirano all’arrampicata, ed ancora non si sa cosa farà. All’inizio, secondo la Folha di São Paulo, non scartava neppure l’idea di un conflitto tra la Polizia Militar di Minas e le forza armate, dicendo che la responsabilità per eventuali morti sarebbe stata di Cardoso. Ora credo che questa possibilità si sia annullata. Ciò da l’idea della gravità dello scontro istituzionale.

In Italia, a parte i tentativi di colpi di stato, al massimo abbiamo avuto i carabinieri che occupavano la RAI per impedire dei programmi, o commissariamenti di preture, ma non ricordo che, almeno ufficialmente, nessuno abbia minacciato una guerra civile dopo il ‘49. Nemmeno Cossiga mai ha litigato tanto duramente con qualche altra carica di stato.

Bel colpo! Senza rapire nessun Moro, i compagni dell’MST hanno ottenuto una destabilizzazione molto profonda, in periodo preelettorale. Ora vedremo cosa ne seguirà.

Chiudo questa lettera salutando tutti con affetto.

Domani, purtroppo, lascierò questo paese che tanto ho apprezzato, senza sapere quando mi sarà dato di tornarvi.

Scriverò ancora da Bologna una ultima relazione su ció che ho visto e vissuto: c’è ancora qualche altra banalità generale o applicata che mi piacerebbe condividere con quanti hanno ricevuto le mie letterine in questi due mesi e mezzo.

Poi certo ci risentiremo, con tutti i compagni che lavorano ed intendono lavorare in iniziative di solidarietà con l’MST, ma sarà diverso: saranno comunicazioni operative, informazioni su fatti ed iniziative, cose di questo genere. Avranno il marchio della banalità bolognese e dell’apatia italiana. Delle cose che dovrebbero cambiare me non cambiano. Qui è diverso, od almeno a me sembra diverso, più rapido e più vero. I compagni si accorgono in tempo di quando la loro politica non funziona, e correggono il tiro.

A Bologna mi aspettano gli amici che si ostinano a tentare di redimere Rifondazione o la CGIL, e le attività politiche fatte di conferenze e poco altro. Cosa potremmo fare di diverso io non lo so, ma devo dire che mi son trovato in difficoltà quando Serginho mi ha chiesto quand’era l’ultima volta che a Bologna avevamo occupato una banca. Nel ’45, forse.

Il mio viaggio finisce Qui.

Ciao a tutti

GIOVANNI

REFORMA AGRARIA

POR UM BRASIL SEM LATIFUNDIO!