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23/11/2000 - Bologna:
Una Lotta di tutti: Aspettando Porto Alegre parliamo di MST e lotte sociali e agrarie in Brasile

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Brasile

Il Congresso; suo carattere particolare; sua sede ed ornamenti di questa; grandi diversità culturali; vecchi amici del Cile e loro attività; persistenza e dimensioni del latifondo; motivi della concentrazione fondiaria; tecnologie del transgenico e politiche contro la piccola produzione; autoritarismo e protesta; necessità di progetti rivoluzionarii e orizzonte socialista; alleati da coinvolgere nella presa del potere; peso dell’analisi storica; Cuba; un grandissimo onore; discorso della figlia del Che; patriottismo contro la propaganda globalizzante nordamericana; il passaggio da colonia a nazione; sfruttamento coloniale; un grande movimento popolare; strumenti della presa del potere; menzogne della socialdemocrazia e crisi degli organismi politici di fronte alle offensive del liberismo; alienazione; propaganda e controcultura; debiti e crediti; storia economica brasiliana; la conversione di un brambilla dopo una crisi generale; la riabilitazione di un luogo di morte; umanità; rapporti localmente difficili; un lieto annuncio; il corteo per Brasilia; solidarietà della sinistra; viaggio di rientro con un rimatore gaucho.
di Giovanni Nicosia - [email protected]

MST
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Ciao a tutti

Sto benone e sono pure ingrassato. Sono tornato nell’accogliente Curitiba, dopo il Congresso in Brasilia.

È arrivata, a metà Congresso, la compagna Alessandra, con cui andremo a fare fotografie in lungo ed in largo per accampamenti, insediamenti, cooperative, negozii della Riforma Agraria, e vie metropolitane, piene di futuri militanti del Movimento, che ancora sono nella fase della disperazione urbana.

Il Congresso è stato un’esperienza meravigliosa, vissuta su più piani, da quello politico - programmatico a quello del coração, che in un Movimento come questo sono molto prossimi. Non è stato nulla di simile ai congressi cui ero abituato: non si sono discussi documenti, né si sono sostenute tesi contrapposte, ma si è più che altro illustrato e celebrato, con discorsi, canti, e spettacoli stupendi, un indirizzo già deciso in altro luogo (cioè nelle assemblee precedenti negli accampamenti e negli insediamenti), per ratificarlo e diffonderlo tra i militanti ed i delegati, da cui ha avuto origine. Il congresso propriamente detto, dunque, con discussioni, scazzi, ricambio dei dirigenti e creazione di organismi nuovi, c’è già stato nei mesi passati. Peccato che non ne ho visto neanche una riunioncina.

Si è svolto tutto in un palazzetto dello sport, che ha contenuto a stento i quasi dodicimila delegati e i circa ottanta ospiti stranieri. Eravamo tutti accampati nel parco circostante, in baracche di "lona preta" e canne nello lo stile classico dei Sem Terra. L’interno del palazzetto era stato decorato con striscioni, e disegni: si inneggiava alla Riforma Agraria, ai quindici anni che il Movimento compie ora, ai motti dei congressi passati, a quello di ora: "per un Brasile senza latifondo", alle strategie e agli strumenti da usare, e si rappresentavano scene allegoriche sui meccanismi dello sfruttamento, sulla produzione, e sul mondo nuovo che il Movimento prevede; si ritraevano i rivoluzionarii e i personaggi rappresentativi dei movimenti antecedenti cui l’MST vuole ricollegarsi, raccogliendone l’eredità. Marx, Engels, Lenin, Clara Zetkin (bene, perché in genere viene dimenticata), Trozki, Mao, il Che, Zumbi, Conseilhero, Marighella, e molti altri; prima di tutti, come sempre, Cristo.

Fuori le delegazioni hanno dato vita ad un mercatino di prodotti tipici degli insediamenti, nel quale si poteva ammirare e gustare la loro cultura alimentare. Cachaça di mille tipi, salami, formaggi, frutta, conserve varie, yogurt, noci di cocco... e poi anche varie forme di artigianato, e cappellini e magliette del Movimento.

La platea rappresentava tutto il Brasile, con tutta la sua diversità. Gente simpaticissima, che la sera ballava fino a tardissimo. Ho fatto molte nuove amicizie, ed ho saputo di molti progetti di cui dovremo discutere tra compagni alla prima occasione. Biblioteche, scuole, vivaii...

Con grande sorpresa ho rincontrato alcuni amici cileni, fondatori del gruppo di appoggio Carlos Marighella, che ha organizzato alcune belle manifestazioni sotto l’ambasciata brasiliana solidarizzando con José Rainha. Tra loro anche Miriam, una militante del MIR che fu incarcerata per 11 anni dalla dittatura nel suo paese, e che oggi conserva una capacità di analisi molto notevole, oltre ad una grande forza d’animo. Lavora in un centro di addestramento per lavoratrici a domicilio ed è attiva nella lotta all’impunità dei gerarchi pinochettiani. Che emozione rincontrare questi ed altri compagni.

Le relazioni ed i discorsi, di cui mi guardo bene dal dare un’esposizione analitica, che gli interessati potranno trovare nel sito del Movimento (www.mst.org.br), consistevano, non solo nell’analisi della situazione e delle modalità dello sfruttamento nazionale e globale, ma anche nella dimostrazione dell’effettiva esistenza del latifondo e di una questione agraria. Non è una polemica peregrina, perché il governo Cardoso sostiene in tutte le salse di aver già risolto la faccenda e di aver realizzato la Riforma: nossignore, dall’era Collor, se 17 milioni di ettari (beneficio d’’inventario sui numeri, che potrei non aver capito) sono stati destinati alla Riforma, il latifondo è cresciuto di altri 80 milioni, cioè come mai nella storia.

Inoltre, ora che non c’è più l’Armata Rossa a far capolino dal Muro, il capitale libero è vieppiù famelico di risorse, terra ed acque. In questo paese dai tratti medievali, la terra costituisce una riserva patrimoniale e uno strumento di controllo politico, non semplicemente un bene d’uso, ed è necessario per un capitale sempre più aggressivo mantenere strettamente imbrigliate entrambe le cose, patrimonio e potere, per cui l’area improduttiva è cresciuta del 102%. Di questo numero sono sicuro.

Ora con la questione del transgenico, altra grande protagonista del Congresso, le cose peggiorano: la Monsanto, multinazionale americana, dopo averci investito tanto non intende buttare tutto per il futile motivo di risparmiare epidemie generalizzate e disastri ecologici. Chi se ne frega della resistenza ai farmaci e delle allergie che già si riscontrano in gente che si nutre dei suoi prodotti. Chi se ne frega dei virus ricombinanti e dei superinsetti. Chi se ne frega se il miglio transgenico gli è già sfuggito di mano e si riproduce liberamente. L’azienda ha già provveduto ad acquisire il pacchetto di maggioranza della Carrefour, che qui è la principale catena di grande distribuzione (peraltro straniera pure lei, e ha come unica concorrente la Mercadorama, che è portoghese), onde infiltrarne il mercato.

Essa, come tutte le grandi multinazionali dell’agricoltura, per conseguire i suoi risultati ha bisogno di smantellare completamente l’agricoltura familiare, che presenta un’alternativa pericolosa. La dipendenza assoluta ed eterna del mondo contadino e delle masse di consumatori, ecco l’obbiettivo cui questa azienda che ha fatto causa ad un gruppo di agricoltori che ne ha ripiantato alcune sementi geneticamente rielaborate. C’è la proprietà intellettuale anche sulla riproduzione delle piante! La cosa del resto è coerente con l’idea di privatizzare le acque, la terra ed il cielo. Tenteranno di spazzare via tutto ciò che non è grande capitale. E per questo, per controllare l’inevitabile aumento di esclusione sociale che ne conseguirà, serve un generale aumento di autoritarismo.

Il modello noeliberista non ammette la protesta, e sta organizzandosi per eliminarla. Un segnale sono i Decreti provvisorii, con cui Fernando Henrique governa ormai da anni. Avanti così c’è il disastro politico e la catastrofe economica: occorre coordinare le lotte per la Riforma Agraria con quelle per cambiamenti più generali. Con questo congresso l’MST rompe finalmente gli indugi e parla apertamente di lotte per il Socialismo. L’obbiettivo della Riforma, e di una legge che limiti le dimensioni di una proprietà, diventano ora progetti di medio termine, da conseguirsi in cinque o dieci anni, pensando che resterà ancora altro da fare.

Del resto una Riforma Agraria non da frutto duraturo senza cambiamenti strutturali profondi, cioè senza un nuovo rapporto tra campagna e città. Il mondo contadino già ha compreso il carattere di questa lotta, ed anche settori nuovi, come i piccoli proprietarii del MPA (Movimento Piccoli Agricoltori), che rischiano di essere cancellati con meccanismi creditorii alienanti, vi si stanno impegnando.

Ora il compito è quello di penetrare nelle masse urbane con propaganda e prodotti, trasformare gli operai e gli sfruttati in alleati, come sono oggi gli esclusi e i marginalizzati, avvicinarsi agli intellettuali di sinistra presentando loro i risultati di quindici anni di battaglie politiche, sociali ed economiche, e coinvolgendoli nella contesa generale per un paese democratico, libero, senza sfruttamento, in cui ognuno è valorizzato per le sue capacità ed ognuno riceve secondo i proprii bisogni, in cui si mangia roba buona, che non è prodotta per arricchire o sfruttare nessuno, in cui nessuno è buttato via e non si sprecano energie, talenti, risorse, terra.

Dignità del lavoro, proprietà collettiva dei beni fondamentali e dei mezzi di produzione, liberazione della donna, Riforma Agraria: per conseguire tutto questo è necessaria una lotta radicale contro il sistema capitalista, che sopravvivendo può rapidamente vanificare i risultati ottenuti. Si parla finalmente di presa del potere.

L’analisi storica è il fondamento di tutte le "mistiche" (come sono chiamati questi spettacoli musicati, danzati, parlati, e pieni di effetti scenografici), e di tutti i discorsi. Il passato di colonizzazione, il cristianesimo usato come ideologia delle classi dominanti nel genocidio degli indigeni, la tratta degli schiavi, la loro sostituzione con la forma più sottile di sfruttamento degli immigrati (che sono quasi sempre identificati con gli Italiani), lo Zio Sam che sostituisce le potenze coloniali, la farsa della democrazia e l’ideologia populista del calcio e del turismo, ed infine il risveglio del popolo ad opera dei movimenti sociali, ultimo dei quali è l’MST.

Si guarda a Cuba come modello interessante, pur con molte differenze culturali. Uguale è la lotta contro lo sfruttamento, la preferenza per decisioni collettive, il valore attribuito al lavoro come attività eminentemente umana di trasformazione del mondo (ciò è detto esplicitamente dal prof. Emir Sader, che fa un intervento da hegeliano di sinistra classico), la scelta di concetti come solidarietà, diritto, cultura, educazione, umanesimo come fondamenti di una società che può essere anche povera, ma che deve essere giusta. Serve essere ricchi per essere democratici? Qui si dice di no, e si mostra Cuba come esempio vivo.

Confesso che su questo, che si possa essere giusti con lo stomaco vuoto, ho alcuni dubbi, così come anche sull’effettiva equità regnante in Cuba, pur col massimo rispetto per una grande Rivoluzione socialista che ha ridato speranze a tre continenti di sfruttati e che, senza embargo, produrrebbe un mondo migliore. C’è un gruppo di studenti dell’MST che è ospite in una facoltà cubana di medicina riservata ai militanti di movimenti di tutto il mondo e a studiosi di paesi sottosviluppati, la qual cosa effettivamente non è da tutti. In Italia si fanno meno iniziative di solidarietà internazionale che a Cuba, benché la ricchezza materiale del nostro paese sia incomparabilmente maggiore di quella di un’isola embargata e boicottata, che sta uscendo a fatica dal terzo mondo. Qualche cosa vorrà dire...

Una sera, inaspettatamente, vien fatto un omaggio alle delegazioni straniere: ci chiamano per paese ed organizzazione nell’arena centrale. Io sono chiamato come Comitato Internazionalista Arco-iris, non come Rifondazione, perché non rappresento il Partito ufficialmente, e del resto ho onestamente raccontato le mie traversie politiche con la federazione di Bologna. È il più grande onore che mai mi sai stato tributato: 12.000 persone che ci salutano col pugno chiuso e che intonano per noi le loro canzoni di lotta. Siamo compagni di tutti i continenti: filippini, norvegesi, canadesi, giapponesi, americani, uruguaiani, argentini, colombiani, e tanti altri di cui non ricordo l’origine.

Per ultima viene chiamata in grande trionfo anche la figlia del Che, Aleida Guevara, che tiene un discorso intelligente e che infiamma tutto l’uditorio: lei non è solo la figlia del Che, ma è figlia di una rivoluzione socialista, realizzata nei modi e per i motivi che già si sono detti. Fa appello all’unità dei popoli sfruttati contro gli oppressori, e del proletariato tutto contro il capitalismo. L’esperienza dell’MST, che anche lei giudica unica ed interessantissima, dimostra che è possibile realizzare strutture socialiste e organizzare comunità egualitarie anche in un contesto ostile come quello del capitalismo selvaggio brasiliano. Ci sono differenze culturali tra questo Movimento e la situazione cubana, prima di tutte l’attaccamento dell’MST all’immaginario cattolico, ma è proprio con queste differenze che i movimenti di liberazione di tutti i paesi realizzano la sintesi feconda di valorizzazione umana.

Nel pomeriggio lei ha inaugurato un busto del Che, che è stato ripiantato al suo posto dopo che un governo locale di destra l’aveva fatto sparire.

È vero: differenze esistono, ed alcune sono pure grandi. Confesso che ad esempio non ho ancora ben compreso perché questi compagni che lottano per un mondo diverso siano così attaccati al fatto di essere brasiliani. Cantano in coro l’inno nazionale, in piedi con la mano sul coração; quest’inno rossiniano, che comunque fa meno ridere del nostro. Certo, sono un’ex colonia, che si è conquistata, in tanta diversità culturale, una identità proprio con l’idea di "nazione brasiliana", che non ha il carattere mortifero o farsesco che ha da noi, che siamo passati per un’unificazione piratesca e colonialista e per il fascismo. Qui l’inno nazionale è meno una presa di culo che da noi, risorgimentati a forza e poi fascistati a sangue, però sinceramente non riesco a farlo convivere con l’internazionalismo rivoluzionario, che predica il superamento di tutte le barriere, pur con la valorizzazione delle differenze culturali. Questa non vuole essere una critica al loro uso della bandiera nazionale, ma solo la doverosa considerazione dell’esistenza di una differenza di impostazione importante.

Appropriarsi della propria storia è un compito del Movimento, essere protagonisti dei cambiamenti futuri di questo paese. Prendere coscienza del proprio ruolo, e fare questo a livello di massa. Un compito difficile in un mondo in cui gli Stai Uniti producono il 70% delle immagini che girano per il mondo sui supporti più varii.

Lo stato nazionale dovrebbe essere uno strumento di difesa collettiva dalle politiche predatorie del capitale internazionale, dovrebbe sviluppare una economia veramente "nazionale", nel senso di equa per tutta la nazione. Ma la transizione da colonia a nazione indipendente non è ancora completata, e ora la globalizzazione interviene in una situazione in cui il paese non è ancora economicamente e culturalmente maturo.

Vediamo che la parola "Nazione" è usata in modo molto diverso che sui fogliacci dei nostri fascistacci che rialzano la testa in tutta Europa: significa comunità di tutti i cittadini del paese, unità nella multiforme diversità di fisionomie, tradizioni e culture che qui si offre. Ci insisto perché è un punto delicato. Il Brasile di oggi è solo un progetto di Nazione, per cui la rivoluzione che si progetta deve essere anche una rivoluzione "Brasiliana", oltre che democratica (cui contribuiscano tutti), socialista, culturale (contro la cultura consumista ed individualista), antimperialista. Sarà una lotta contro l’alienazione capitalistica, in senso economico e culturale. Sarà la costruzione collettiva di una nuova patria.

Il Brasile è il sesto produttore mondiale di alimenti, e 46 milioni di persone non sanno che mettere in pancia per tutti i giorni della loro vita, che talora non supera il mesetto. Questa colonia statunitense soffre per essere troppo ricca di risorse naturali ed umane. Le fibre ottiche, tra tante altre invenzioni, sono state realizzate qui, e poi rubate per arricchire il capitale statunitense, un po’ come è successo da noi con tante belle cose che oggi fanno parte del corredo tecnologico di molte macchine prodotte chissà dove e per arricchire chi.

Il Capitale finanziario ed il capitale commerciale, che talora lottano tra loro, qui hanno trovato un accordo scellerato, che basa il suo funzionamento proprio sul monopolio delle risorse, prima delle quali è la terra. Stedile, vero intellettuale organico del Movimento, su questo è molto chiaro. Solo con un altro regime economico e politico si potranno liberare 150 milioni di brasiliani, dando loro lavoro, terra sanità pubblica e gratuita e scuole decenti. Non sarà un’avanguardia a fare tutto questo, non sarà l’MST, ne il PT od il PCduB, ma un grande Movimento Popolare unitario, enorme, che ancora deve essere costruito.

Il Movimento ha discusso degli strumenti più idonei per cambiare le cose, ed ha considerato anche la lotta armata, ma ha scelto un’altra strategia, che a mio avviso è molto più utile perché più pervasiva. Il compito a medio-lungo termine è organizzare il popolo. Non sarà usato lo strumento elettorale, che è parte del sistema di esclusione sociale. Il Movimento non chiede spazii nella democrazia borghese, ma partecipazione popolare ed autogestione.

Interessante anche la relazione del norvegese Furre, che narra le miserie del "capitalismo dal volto umano" che le socialdemocrazie europee, sempre più in odore di liberalismo, tentano di passare come unica alternativa per l’avvenire dell’umanità. La globalizzazione è solo il nuovo nome del colonialismo, che oggi ha raffinato i suoi sistemi per sfruttare di più con meno sforzo. La Borsa Valori, che prima nell’immaginario collettivo era un luogo di lavoro noioso, è diventata il centro del mondo, ed è persino esempio di etica. La morale fondamentale è il furto ai danni dei poveri per il lucro dei miliardarii.

Ora il sistema getta la maschera, ed ai filantropi socialdemocratici si sostituiscono i vampiri liberisti. Privatizziamo tre volte al dì, prima e dopo i pasti! I pasti di chi?

Intanto le istituzioni democratiche perdono le loro centralità popolare, non sono più il luogo in cui la collettività si esprime. Divengono strumenti al servizio dei potenti per fare le loro cosine, secondarie rispetto ai consigli di amministrazione delle aziende. L’OMC ha esattamente questa caratteristica, ed ora il suo ruolo è sempre più importante nelle decisioni internazionali. Gli stati stessi non riescono più a limitare il potere del capitale libero. Tipica di ciò è la vicenda del transgenico, in cui è in corso una vera e propria prova di forza tra i poteri statali dei paesi che ne hanno vietato l’uso e le multinazionali che vedono in esso il futuro dei loro affaroni.

Per tutto ciò occorre al potere che la gente abbia una morale individualista, che non sappia aggregarsi per incazzarsi collettivamente. Al centro dell’ideologia corrente deve esserci il mercato ed il mercatare. È la fine della solidarietà e della morale propriamente detta. È la fine di quello che saremmo soliti chiamare col nome di uomo. È la vera alienazione capitalistica.

Contro questo il Movimento rivendica continuità con tutti i movimenti rivoluzionarii della storia mondiale e brasiliana, e sfida la cospirazione mediatica con cui la borghesia, riunitasi dopo aver riconosciuto un nemico pericoloso, lo aggredisce.

Lo scontro è destinato a peggiorare, l’invasione delle città non sarà tollerata dal potere, né passerà inosservata la reale potenza che ora il Movimento comincia a dispiegare. Televisione, Chiesa Pentecostale, poteri varii cominciano a creare il clima favorevole all’aggressione, con forti azioni di propaganda sulle masse urbane disinformate e apatiche dei grandi centri urbani. Vedremo.

Il Movimento ora ha però anche degli amici, e sono sempre più numerose le gite scolastiche negli insediamenti. Il lavoro di base cambia ed accentua il suo carattere di massa, la formazione dei militanti si adegua alle nuove necessità.

La Consulta Popolare contro il Debito estero, sorta di referendum non ufficiale e d’opinione (tipo quello che organizzò le Lega Nord qualche anno fa), è uno strumento nuovo per presentarsi alle masse, in collaborazione con molte altre forze. È in programma una grande marcia contro il pagamento. La lotta al Debito è un altro tema classico molto frequentato in questo congresso: ci si chiede perché non siano gli Europei a dover restituire quanto rapinato. A noi Europei forse converrebbe chiudere il conto in questa maniera prima possibile: FHC manda all’estero un milione di dollari alla settimana, che è più o meno la cifra raggiunta in 400 anni di sfruttamento coloniale. Se il Brasile chiedesse la restituzione anche di tutto questo, non basterebbe dargli tutta l’Europa, Vaticano e Svizzera compresi.

L’economia brasiliana presenta un modello che sembra fatto apposta per la rapina estera. È stato storicamente il potere statale, nel periodo coloniale, a definire gli indirizzi agricoli, decidendo cosa piantare e come; da allora le classi dominanti si opposero alla distribuzione della ricchezza, e le studiarono tutte per rimanere nel loro ruolo esclusivo.

La legge del 1850 per la prima volta di fatto privatizzò e mercificò la terra, e segnò la futura storia brasiliana col marchio del latifondo. La terra solo ai ricchi! E su questa terra i ricchi realizzarono la monocultura, espellendo i contadini dalle campagne, e mandandoli a rinforzare l’armata di riserva delle città per le produzioni industriali.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Dittatura decise di sfruttare nuovi spazii, distruggendo la foresta. La "Colonizzazione" aggredì l’Amazzonia regalando risorse al grande capitale, con qualche briciola a qualcun’altro, per non dare troppo nell’occhio. La motivazione era l’alto tasso di inflazione di quei tempi: la terra era un bene sicuro, e dava accesso al credito come garanzia per le banche, cosicché tanti industriali si procurarono una zavorra di terra (magari grande come il Lombardo-Veneto) per avere a prestito dei fondi e continuare a fere siderurgia, od estrazione mineraria. Con questo sistema, lo stato creò nuovo latifondo, nel processo chiamato "modernizzazione conservatrice".

In altri paesi, come ad esempio nel nostro, quella fu l’epoca dello scontro tra fondiarii ed industriali, in cui la vittoria di questi ultimi, oltre alle lotte rurali, permise di sconfiggere il latifondo. Qui agrarii e brambilla riuscirono a convivere alleandosi, e costruirono il tecnofeudalesimo che abbiamo davanti, in cui si può morire di fame e diarrea, o diventare ingegneri informatici.

L’economia tutta si basava sull’esportazione, in particolare di caffè, e su essa fiorivano banche e governi, mentre la popolazione rurale dimagriva e chi protestava era eliminato con metodi molto feroci. Il credito privato e pubblico sussidiò industrie, macchinarii e fertilizzanti, per la contentezza del capitale straniero, in cui tutto alla fina fluiva.

Le ondate migratorie, con cui l’Europa si liberava dei proletarii in eccesso, fornivano mano d’opera a costi bassi. Il governo faceva grandi promesse a chi arrivava, mentre poi qui c’era più che altro un sistema scientifico di sfruttamento latifondista.

Si lanciò poi l’allevamento, sviluppando una specie di mafia dei polli, simile alla nostra Stidda avicola gelese, sempre finalizzata all’esportazione, cioè sempre per fare ricco qualche capitalista straniero. Poi soia, e tante altre colture... Insomma il capitale industriale qui si saldò con quello agrario, con la benedizione dei commercianti e fabbricanti stranieri, che portarono qui tutti gli agrotossici ed i trattori che poterono. Il loro interesse era ed è tuttora la monocoltura. Ecco perché qui non fu possibile fare la Riforma agraria, che in quegli anni vide la luce in molti paesi, tra cui il nostro.

Il perno di tutta la cosa era il Credito, che era concesso in base alla superficie di terra posseduta. In tal modo la terra diventa fonte di capitali e di potere locale nonché strumento di protezione dall’inflazione. Quest’ultima caratteristica ce l’ha ancora oggi, nel lunatico sistema finanziario brasiliano ed internazionale, per cui Wolkswagen ed altre multinazionali che non hanno la terra come interesse principale, si forniscono di grandi estensioni, a guisa di salvagente o ruota di scorta.

Per andare a prendere Alessandra all’aeroporto mi da un passaggio un compagno che vive a Brasilia, dove lavora sostanzialmente come galoppino del Movimento, portando documenti tra un ministero e l’altro (è una funzione necessaria in questa città orribile, tutta di cemento e prati senza un albero, in cui le costruzioni sono a grandi distanze reciproche). Ha una quarantina d’anni e la faccia da borlètti. Chiacchierando salta fuori che è davvero un ex borlètti, rovinato dalla storia del cruzeiro novo.

Non ho ancora ben capito che cosa successe, ma penso che sai stato un barbatrucco alla Craxi: vi ricordate di quando periodicamente si ammazzava la lira per pompare le esportazioni e far lucrare i nostri imprenditori, pur con alti costi sociali per il cittadino medio? Cosa che adesso con l’Europa unita dovrebbe essere più difficile. Devono aver tentato qualcosa del genere anche qui, ma purtroppo quello che funziona con le scarpe, le montature degli occhiali e i vestiti, che rimangono infondo beni lussuosi con una domanda stabile, non deve aver favorito i fagioli, il caffè o la siderurgia, cose che costan poco di per loro e di cui l’estero ha potuto fare a meno. Ci guadagnò solo chi in Brasile solo produceva in grandissima scala per un circuito tutto estero, cioè come sempre FIAT, Ford, ed amichetti loro. Gli altri fallirono in molti, e questo qui ora, dopo essere passato per anni di proletarizzazione, è entrato nel Movimento, in cui milita e lavora.

Il padre di una mia amica non è stato così relativamente fortunato, e, avendo perso tutta la sua fabbrichètta di confezioni, è morto di crepacuore. Ciò producono le politiche economiche progettate per favorire il grande capitale.

Ma la gente non sta a guardare, ed in tutto il continente si moltiplicano le azioni di lotta. Un compagno riesce a commuovermi quando racconta che in Honduras, che prima dell’uragano Mitch era una specie di magazzino di armi americane, una organizzazione contadina ha invaso un’area che ospitava una base "yanqui" di controisurjencia, smantellata per i gravi danni subiti. Ora 900 famiglie produrranno alimenti laddove si operava per la schiavitù dei popoli.

Un altro compagno parla di un altro aspetto del Movimento: quello di rappresentare totalmente ed integralmente l’umanità che lotta contro l’oppressione. Umanità in tutto. È un Movimento che ha il coraggio di piangere, quando necessario.

Alcuni di Minas mi raccontano di come non sia immediato conseguire alleanze politiche, non solo con CUT e partiti, ma anche con organizzazioni che in teoria dovrebbero essere prossime: nei pressi del confine col Distretto Federale ci sono rapporti difficili anche con la Commissione Pastorale della Terra, che è poi la mamma del MST. Essa ha i suoi accampamenti ed i suoi insediamenti, con una prospettiva politica diversa, limitata alla liberazione di quei contadini che partecipano a quelle lotte particolari. Sarebbe sportivo sentire anche l’altra campana, ma sostanzialmente il Movimento accusa la CPT di corporativismo, e di non mobilitare gli insediati una volta vinta la loro battaglia particolare. Credo sia un problema locale, anzi lo spero.

Nel corso del congresso viene dato l’annuncio della liberazione di due compagni del Paraná, in galera da un mesetto. Ci si abbraccia e si festeggia.

La manifestazione programmata per le vie di Brasilia si è svolta ordinatamente, ma per le grida e i canti, le bandiere, la gente, ha avuto un carattere di grande forza. Siamo andati davanti all’ambasciata americana, a bruciare la bandiera dello Zio Sam, tirare delle pannocchie non transgeniche di là dal cancello, e chiedere la liberazione del compagno Mumia Abu Jamal, poi abbiamo fatto visita al ministero dell’agricoltura, rivendicando che arrivi questa benedetta riforma che si fa attendere più del Messia, ed infine ci siamo sdraiati di fronte al governo, affinché FHC (Fernando Henrique Cardoso) vedesse il nostro numero e si preoccupasse.

Una petizione richiedeva una Commissione Parlamentare di Inchiesta su di un malippo in cui un suo tirapiedi si è intascato i soldi nella costruzione di un Palazzo di Giustizia. Hanno parlato molti esponenti della sinistra, e molti di più hanno partecipato al Congresso, od inviato messaggi di solidarietà. Molti parlamentari sono vicini al Movimento, ed è comparso anche il Governatore di Rio Grande do Sul, che sta già facendo, per quanto in suo potere, un inizio di Riforma agraria.

Insomma, non so se si capisce, ma la cosa mi ha molto galvanizzato. Ci sarebbero altre cose da raccontare, ma ancora sto riordinando le idee.

Scriverò tutto man mano che vien fuori.

Il viaggio di ritorno ci è stato allietato da un Gaucho cantore e trovatore con due gran baffoni ed il cappellone da cow boy, che ha cantato una cosa simile all’ottava rima toscana durante le soste, con un collega di Santa Catarina. La cultura gaucha deve avere cose molto interessanti, oltre al chimarrão ed al vinello che già ho sperimentato.

Vi saluto tutti con affetto, e vi invito a prepararvi al grande lavoro che ci aspetta in solidarietà a questa gente tostissima.

GIOVANNI