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23/11/2000 - Bologna:
Una Lotta di tutti: Aspettando Porto Alegre parliamo di MST e lotte sociali e agrarie in Brasile

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Brasile

Una serata con strani cattolici; la Fraternidade do Povo de Rua e sua attività; la paura dela minkja e l’astinenza; allineamenti interni alla Chiesa; porcate, splendori e storie di essa in Brasile; sua organicità con le masse popolari; suoi rapporti col potere statale ed atteggiamento verso la Dittatura; il 68; repressione, poulismo, e consenso; il caso Herzog; una oligarchia; sua curiosa caduta; Maluf e Neves; Lula e Collor; il candidato Tuma; situazione, numero e natura dei moradores de rua; un peccato.
di Giovanni Nicosia - [email protected]

MST
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2000-08-29

Ciao a tutti

Sono ancora ad Osasco, e sto riordinando le idee sulle cose viste nei giorni scorsi, e sulle cose scritte che sono andate perse.

Ringrazio i compagni che mi hanno mailato prontamente rassicurandomi sull’esistenza della maggior parte delle lettere che ho spedito.

In effetti quasi tutto è recuperabile, manca solo una letterina che non avevo ancora spedito per bizze informaticotelefoniche nella quale avevo raccontato dell’attivitá di un centro che opera con i moradores de rua.

Ho già raccontato di come i cattolici di qui siano diversi da quelli cui anni di anticomunismo e di Democrazia Cristiana ci hanno abituati; ho forse giá parlato di una messa galvanizzante del compagno Luiz Carlos, la cui omelia era un discorso contro il pagamento del debito estero; ho forse detto di come Pa Zé, Pa Tiao, suor Alberta e tanti altri religiosi, suore, preti e pretoni organizzino occupazioni ed affrontino i pulotti con piú coraggio (e piú costrutto) dei nostri autonomazzi più pesi; ma quello che non potevo sospettare è che io ed Alessandra saremmo andati una sera di "quinta fera" per le vie del quartiere Brás in S. Paolo a distribuire preservativi e volantini con scritto come non prendersi l’AIDS al povo da rua, in compagnia di un seminarista indiano, di una suora equadoregna, di varie seminariste, di un prete e di alcuni altri ferventi cattolici, volontarii e dipendenti della Fraternidade Povo de Rua.

Il lavoro di questa struttura si rivolge prevalentemente ai malati di AIDS, e consiste in attivitá di prevenzione e coscientizzazione (in occasoni come queste), attendimento psicologico (c’è un ambulatorio in cui lavorano alcuni psicologi professionisti, con terapie individuali e di gruppo), produzione di reddito (attraverso una cooperativa che fa candele, cuciti, collanine, scatoline da regalo, riciclaggio della spazzatura), e asilo per i bimbi (questo è indirizzato a tutti i lavoratori a basso reddito che passano ogni giorno per l’importante snodo del Brás). Il coordinatore è Padre Naveen, un prete indiano, che svolge anche attivitá con L’MST. "Frente de massa": un gruppo di trenta persone, dopo alcuni mesi di riunioni con lui e con gente del Movimento, è partito domenica per un Insediamento, per riabituarsi alla vita collettiva e alla campagna. Chi di loro non vorrà tornare sulla strada, andrá ad accamparsi e comincerá il processo di conquista di una fazenda. Bello: da emarginati a costruttori di cose belle, da "lixo" umano a protagonisti della storia.

I materiali che distribuiamo sono prodotti dallo stesso centro, sotto la supervisione di una suorina giapponese. Sono fatti proprio bene, e spiegano tutto senza i pudori cretini contro cui dobbiamo lottare noi. Ricordo la storia del librettino di Lupo Alberto che fu censurato nelle nostre scuole perché si ammetteva che i liceali hanno una vita sessuale, al posto del quale il ministero distribuí un pieghevole tristissimo. Ricordo anche che fummo considerati dei provocatori quando il nostro sindacatino richiese che le scuole si dotassero delle macchinette per distribuire i preservativi, e che alcuni compagni in Sicilia rischiarono l’espulsione.

Qui la musica è un’altra: nel volantino ci sono disegni che illustrano come si usa il preservativo, in cui si vede la minkia, ma non fa paura a nessuno, men che meno a questi religiosi, che non hanno l’abitudine di mascherarsi da santini come i nostri. Il corpo, le necessitá delle persone, i moti interiori non sono rimossi ipocritamente. Le donne e gli uomini sono belli e gioiosi; il sesso esiste, è cosa buona e benedetta, solo bisogna stare attenti a non farcisi male. Altra chiesa, altra cultura.

Chiedo come la mettono con João Paulo. Risposte vaghe. Racconto che il mio parroco dice che l’unica prevenzione contro l’AIDS è l’astinenza, la quale è comunque sempre raccomandata. Non riescono a rispondermi perché li soffoca una fragorosa risata. Ma li vedi questi qui? Come vuoi che si astengano, che già si debbono astenere da tutto perché non hanno niente. Non possiamo pretendere che siano tutti santi.

Giá, non possiamo; neanche il mio parroco potrebbe.

Luiz Carlos mi risponde in seguito, quando gli racconto la cosa, in modo piú fine: ufficialmente la predicazione è la stessa: astinenza e castitá, solo che poi si ammette che uno non ce la faccia ad astenersi e dunque lo si aiuta a vivere felice e a lavorare per la pace, il prossimo, eccetera.

È vero: il centro è basato sull’autoaiuto, sono gli stessi malati che si organizzano con l’appoggio di qualcun’altro, sono loro ad organizzare l’ambulatorio medico e ladistribuzione di medicinali, il gruppo dei Narcotici Anonimi, l’alfabetizzazione, e tante altre cose.

Bisogna stare un po’ attenti a quel che si dice e si fa, perché ora anche il vescoco di S.Paolo è su posizioni Woityliane. Il rischio è quello di esere sbattuti fuori dalla Chiesa, e di vedersi togliere tutti i mezzi di azione che dentro ci sono.

Gli allineamenti interni alla Chiesa sono molto cambiati negli ultimi trenta anni. La Conferenza Nazionale dei Vescovi (CNBB) è ancora abbastanza progressista, ma trenta anni di nomine Giovannipaolesche di vescovi fedelissimi in diocesi strategiche, ne hanno spostato un po’ a destra l’equilibrio. Inoltre, cosí come fuori furoreggiano i Pentecostali, una corrente protestante che sembra nata per fare contento Max Weber (è una specie di chiesa per azioni, in cui si puó investire denaro), anche nella chiesa cattolica a livello di base entrano soprattutto elementi legati al Movimento Carismatico, sorta di ciellini che vogliono salvare il cattolicesimo dai comunisti che, secondo loro, lo pervertiscono.

La Chiesa di oggi non è quella che ha affrontato la dittatura, che ha fatto da mamma alle Pastorali, e da nonna all"MST.

È interessante il rapporto tra Chiesa e potere qui in Brasile: al tempo della colonizzazione giunsero qui, oltre al clero secolare quattro ordini religiosi: Gesuiti, Francescani, Benedettini, e Carmelitani. Lo stato portoghese pagava gli stipendii e le spese di tutto il personale legato alle istituzioni cattoliche, la qual cosa, come da noi, ha dato vita a cose meravigliose, come le cattedrali barocche di Minas Gerais, Baia, e Penambuco, oltre ovviamente a tutte le porcate di cui no sinistrorsi siamo ben consci. Per la veritá le cose peggiori sono avvenute in paesi di lingua spagnola, mentre qui ci si limitava a reprimere quelle tendenze mistiche radicali che ogni tanto saltavano fuori, fenomeno che è continuato fino ad oggi.

Ogni tanto qualcuno cominciava a raggruppare pezzenti e poveri, e con spirito millenarista e toni da fervore medievale, cercava di fondare cittá ideali, in cui gli schiavi venivano liberati. Poi il potere, anzi i poteri ricorrevano a provvedimenti drastici, come dichiararli tutti eretici e farli a tocchetti.

In ogni caso le Chiesa divenne centro di aggregazione popolare, ed in essa molti oppresi cominciarono a riporre speranze di liberazione. Molti meticci elevarono la loro posizione sociale grazie alle strutture ecclesiastiche. Per questo la maggior parte degli artisti del barocco brasiliano sono meticci o negri. L’arte di Alejandino è la stupenda manifestazione concreta di un fenomeno sociale che ha segnato la storia di questo paese.

Poi la corona portoghese, specialmente nel personale residente Qui, si legó alla massoneria, e prese a considerare la Chiesa come un impedimento alla realizzazione dei suoi ideali progressisti e laici, che noi diremmo probabilmente fascistoidi. Era comunque un pensiero piú avanzato di quello feudale o dello stato principesco e patrimoniale. Se ho ben capito, anche come elaborazione politica, la Chiesa era piú avanti, e per questo stava ancor piú antipatica allo stato. Ma non era possibile fare azioni troppo scoperte, per non alienarsi il consenso popolare.

Ecco un’altra costante della storia brasiliana: lo stato che cerca di fare cose turpi ed antipopolari, ed è ad una certa distanza del popolo, mentre la Chiesa è sostanzialmente organica alle masse popolari ed organizza nuclei di resistenza, talora anche per ragioni tuttaltro che poetiche, ma con una funzione sostanzialmente progressista.

I Gesuiti furono cacciati con un qualche barbatrucco legale, mentre si vietó ai ricchi monasteri di accogliere novizii. La prospettiva era l’estinzione naturale, con la morte dei vecchi fratoni. E Qui c’è uno dei tanti episodii grotteschi della storia di questo paese: via via che morivano i frati, i beni dei monasteri estinti venivano ereditati da altri monasteri. Lo stato aspettava fiducioso: alla fine quei beni, non esportabili né deperibili, sarebbero giunti nelle sue casse, dopo la morte dell’ultimo frate. Quel momento sembró avvicinarsi: tutto l’ordine benedettino si era estinto, salvo un ultimo fratone ottuagenario e malaticcio. Gli contavano le ore, i dignitarii imperiali, gli auguravano ogni cosa, speravano che si spicciasse a lasciare i fardelli di questa terra. E si era lí lí, quando... trac: gniccó prima l’Impero e si fece la Repubblica.

Il vescovo di San Paolo, che curiosamente teneva rapporti col Maresciallo Deodoro (credo), andò da questo a prendere il caffè, per chiedergli come sarebbero andate le cose di lí in avanti. Si concordò che cessavano i pagamenti dello stato in favore dei religiosi e di tutta la baracca cattolica (cosa che nel nostro paese infelizmente non è ancora realtá, Craxi boia!), mentre essa restava padrona di fare al suo interno il che le pareva.

Errore! E se ne accorsero tropo tardi, i laici della Repubblica brasiliana: la Chiesa tornava padrona di tutte le sue ricchezze, e richiamó gente dall’Europa per gestirle e ripopolare i monasteri. Giunsero preti e frati di tutte le razze ed ordini, tornarono persino i Gesuiti, e frange progressiste della Chiesa, che non trovavano spazii d’azione nel bigottismo del vecchio continente, Qui impiantarono istituzioni di resistenza e sussistenza popolare notevoli, scuole, e ospedali.

Un passato diverso dal nostro,che portó ad assumere atteggiamenti differenti di fronte alle prove della storia: davanti al Fascismo italiano e spagnolo, la Chiesa nostra preferí sacrificare i suoi quadri politici (come il Partito Popolare di Don Sturzo) agli interessi economici ed al quieto vivere, e direi che non ci riuscí cosí bene in Germania solo perché il Nazismo era molto piú anticlericale del nostro Crapapelata.

Qui la dittatura, una volta sbudellati i comunisti nel 1969 (la morte di Marighella è del 4 novembre di quell’anno), trovó come nemico prinipale proprio la Chiesa cattolica e le sue relazioni ecumeniche con gli Ebrei ed i Luterani.

Mi ha raccontato Luiz Carlos di come da giovane, con le varie pastorali andassero nelle favelas, credendo che bastasse organizzare il popolo per ottenere un cambiamento radicale, molto piú di quello che poi è stato. Marce, manifestazioni, occupazioni.

Il sessantotto ci fu anche Qui, dopo quattro anni di potere militare, ma riguardó piú che altro settori studenteschi delle grandi citta universitarie. Rio, Curitiba ed altri centri registrarono qualche episodio notevole, ma in generale la cosa fu distante dal popolo. Del resto anche per l’Italia il problema dei legami reali tra movimento studentesco e lotte operaie sono oggetto di analisi infinite.

La repressione che ne seguí fu tanti intensa da comportare un minigolpettino interno alla stessa oligarchia militare al comando. Cominciò il periodo piú peso. Torturarono, arrestarono, ruppero le balle a tanti, i militari brasiliani al servizio dell’anticomunismo mondiale, ma furono piú bravini dei loro amici cileni ed argentini nel mascherare le loro azioni.

Cominciò anche una fase di grande populismo, e furono costruite nuove strutture in tutto il paese. Scuole, acquedotti, e via dicendo,in modo meno tronfio ed inefficente dei nostri fascisti. E poi il Brasile nel 72, credo, vinse la coppa di calcio. C’era consenso, sí: smettiamo di essere ipocriti.

Dei comunisti sbudellati, dei diritti sindacali dimenticati, della giustizia sociale, il popolo sembró poter fare a meno, dato che la fine degli anni sessanta aveva diffuso un lieve sviluppo economico: prospettive di benessere individuale potevano essere accarezzate anche dagli abitanti delle favelas, e la mentalità individualista borghese, diffusa dall’alto, assicuró ai militari il migliore alleato di ogni repressione: l’indolenza

popolare. Dal 70 al 73 il consenso fu fortissimo.

Poi però la situazione economica divenne sempre piú critica: la crisi mondiale del 73 fece danni anche qua. Aumentò il malcontento e dunque la repressione. Nel 1974 venne annunciato il suicidio del giornalista ebreo Herzog (diffidate del mio compitare, potrebbe scriversi in molti altri modi), il quale era riuscito ed essere fino ad allora una voce critica. Il vescovo di San Paolo, convocó una grande celebrazione ecumenica con il rabbino capo ed i diriganti luterani, e in quella occasione, di fronte ad un foltissimo pubblico, denunció l’omicidio del giornalista, indicando come responsabile la Polizia Militare. Ecco che da allora si incrinó per sempre il rapporto tra popolo e dittatori, e cominciarono azioni di massa. Si seppe di tanti altri casi

I dittatori allora finsero di voler modernizzare: un tal Gaisel, militare in pensione, dunque tecnicamente civile, con un passato di buon governatore dell’azienda di stato Petrobras, propose una "democrazia sotto controllo". In realtá non democratizzó un cazzo, e si limitó a pensionare qualche torturatore. La gente non si fece fare fessa, ma non ci furonomai le condizioni per una rivoluzione.

Anche il funzionamento del sistema in quegli anni è particolarissimo: era una dittatura, ma non c’era un mascelluto, un baffuto, od un nerocchialuto che la incarnasse personalmente. Si trattava di una oligarchia con meccanismi interni di rinnovamento delle gerarchie. Il popolo era escluso, non si eleggevano nemmeno i sindaci, ma alcuni organismi collegiali eleggevano e rinnovavano le ceriche pubbliche e le dirigenze di tutte le industrie nazionali.

La dittatura nazionalizzó e gestí statalisticamente molti settori strategici (comunicazioni, petrolio...), come fecero anche altri regimi indipendentemente dall’opzione politica, e d’altro canto diede alle multinazionali mano libera su ció cui loro piú premeva: le materie prime, petrolio escluso.

Proprio i meccanismi di ricambio interno portarono al collasso di tutta la baracca dittatoriale: C’era tra la compagine degli oligarchi, un tal Saim Maluf, che oggi è candidato a sindaco per San Paolo. Egli era un civile molto ricco, figlio della prorpietaria di una enorme fabbrica di rivestimenti. Con tutto il denaro che la mamma gli dava, questo bel tomo cominció a corrompere tutti i votanti di tutti i consessi utili a farlo eleggere come prefetto di San Paolo. Poi, dopo che aveva governato la città nel modo più filoborghese possibile, costruendo ad esempio bretelle di collegamento tra quartieri di ricconi, con rampe di accesso che arrivano al terzo piano delle case di un quartiere di piccola borghesia, decise di rifare lo stesso per diventare governatore dello stato di san Paolo. Conseguí anche questo e per festeggiare crealizzó alcune opere pubbliche intitolandole ai suoi parenti piú prossimi, un’autostrada al babbo, un tunnel alla mamma, e via cosí. Poi proseguí nel cursus honorum e cominció a lavorare ad una sua candidatura a Predidente. La cosa, corruptis corrompendis, alla fine passò, ma comportava la fine del potere militare: si indissero elezioni, e la dittatura finí.

Finí? Bè, quasi, considerando che non fu tirata giú a furor di popolo. I sindaci tornarono ad essere eletti, e si chiamano ancora "prefeitos" (in questo il Brasile è piú democratico che noi, che abbiamo molte delle funzioni di governo locale attribuite ad un prefetto non eletto dai cittadini, ma nominato dall’alto); del resto le due dittature si chiamano ancora "Revoluçoes".

Elezioni ci furono, e vinse un comunista, tale Tancredo Neves, se non erro. Non governó mai perché poco dopo la vittoria, prima di assumere i suoi poteri, morí, non è ancor chiaro se di suo o se lo aiutarono. Allora prese il potere il secondo qualificato, che era un gran destro.

La sinistra si organizzava faticosamente, considerando che non c’è ancora oggi in Brasile niente di simile alla cultura di partito che abbiamo da noi. Solo i comunisti, e poi il PT realizzarono qualcosa di simile ad un partito. Puntarono con con grande speranza sulla candidatura di Lula. Fu il fracasso totale, e le delusione fu profondissima, tale da scompaginare le carte ancora oggi, dopo un Collor cacciato per infedeltá alla borghesia, un casino come il cambiamento di moneta, e due Fernandi, primo e secondo governo.

Adesso Qui a S.Paolo, la campagna elettorale presenta, con toni che di settimana in settimana trascendono sempre piú al triviale, l’ex prefetta Erondina, che è dovuta uscire dal PT, una candidata Petista di nome Marta, il famoso Maluf, ed alcuni altri ceffi, tra cui un tal Tuma. Quest’ultimo esce dai ranghi della Polizia Militare, in cui ha diretto, durante la dittatura, il Dipartmento di Operazioni Speciali (DOPS). Tra i compiti istituzionali di questa struttura c’erano cose come torturare i comunisti infilandogli chiodi roventi nel pene. È un po’ peggio di Preziosa, che in fondo era solo vicequestore di Bologna ai tempi dell’Uno Bianca.

Promette cose pesissime, come la liberalizzzione delle armi da fuoco (ma credo che sia una millanteria, e che anche un sindaco non abbia il potere di farla davvero), ed ha toni da uomo forte. Chi non fará il suo dovere se la vedrá con me. Il tema della sicurezza è centrale in tutti i programmi, ed anche la sinistra invoca piú poliziotti per le strade. Tuma peró è quello piú tosto in questo senso e minaccia anche i moradores de rua.

Questi vivono sotto la costante pressione dei varii pulotti pubblici e privati che sorvegliano i negozii e le strade. Durante l’uscita di quintafera abbiamo assistito ad un inseguimento ed al successivo fermo con perquisa e scoppole ai danni di un gruppettino di tizii, tacciati di aver tentato un furto in un negozio. Solo una delle suore che erano con noi si è messa n mezzo parlando di abusi di potere edi avvocati.

I moradores de Rua, che dormono nella strada o nei ricoveri notturni sono tra suppergiú 12.000. Contando che gli abitanti sono in totale 12.000.000 siamo allo 0,1%. Non gongolino i bolognesi, perché ne hanno 1.500 su 400.000 scarsi, cioè quasi il 4%. La città simbolo del famoso buon governo PiCciotto sará trattata peggio di Tiro e Sidone!

Poi ci sono i favelados, che erientrano in un altro conto.

Nelle strade paulistane vivono operaii licenziati, disoccupati, malati di AIDS, drogati, alcoolisti, ma anche gente che ci ha sempre abitato, come suo padre e suo bisnonno, discendendo da schiavi liberati (e mandati al diavolo) o da immigrati estromessi dal ciclo produttivo tempo addietro.

Assistiamo, io ed Alessandra, a scene da presepio: una coppia stá crescendo la figliolina di pochissimi mesi in un carretto da cartonaio, coperto con plastiche. La mamma è di nuovo incinta.

C’è meno gioia qui, tra la puzza di macchine e i rifiuti urbani. C’è chi piange.

La gente si riunisce verso le otto di sera, attendendo che passi il furgoncino degli Evangelici, che predica e dà minestra. Poi qualche altro gruppo religioso o qualche collettivo passeranno a dare coperte per queste notti fredde.

Chi dorme per strada viene svegliato alla mattina dai commercianti che riaprono i negozii verso le sei. Quelli meno gentili tirano secchiate d’acqua.

Il giorno passa tra la noia, l’accattonaggio, e qualche chiacchiera. Chi riesce cerca qualche lavoretto, ma c’è poco. Alcuni si politicizzano e prendono coscienza di chi sono e come mai stanno lì, e poi reagiscono collaborando in centri come quell di Padre Naveen.

C’è ,molto entusiasmo in questi attivisti, ma non muta la generale impressione di tristezza. Io ed Alessandra proviamo nostalgia per le colline di Itapeva, dove l’aria era pulita, la gente contenta, ed il cielo pieno di stelle.

Alla fine della distribuzione, tentata qualche chiacchiera con la gente, il gruppo si riunisce per concludere. Si prendono tutti per mano e cominciano a recitare un padrenostro. Nella catena ci siamo anche noi due, che tacciamo rispettosamente, ostentando difficoltá lingistiche. Non pensate male di noi: non è la cosa peggiore che abbiamo fatto. Quella peggiore è un’altra, ma vediamo se avró il fegato di raccontarla in publico.

Per ora concludo qua, e vado a visitare una scuola del Movimento ancora in costruzione.

Ciao a tutti

GIOVANNI