Il Kossovo appartiene all'antica regione denominata Illiria e la sua
popolazione è di origine indoeuropea. Anticamente sotto il dominio
di Roma e poi sotto l'Impero di Bisanzio, nel 1180 viene conquistato dal
principe serbo Stefan Nemanja che vi fonda il primo regno serbo. Nel 1389,
dopo l'epica battaglia di Kosovo Polje durante la quale periscono sia il
sultano Murad che il re serbo Lazar (episodio sul quale si basa tutta l'epica
serba), la regione passa sotto l'impero ottomano e vi resterà per
5 secoli ; nasce in questo periodo il Codice consuetudinario che, se contempla
la vendetta del sangue, la vincola tuttavia a precise norme miranti ad evitare
l'arbitrio del più forte.
Il dominio turco dura fino al 1912 quando, dopo la I guerra balcanica, le
potenze europee assegnano il Kossovo alla Serbia. Ma nel frattempo la composizione
demografica della regione è completamente mutata in quanto predominante
è diventata la presenza degli albanesi che, già cristianizzati
fin dai primi secoli dell'era cristiana, sono stati quasi totalmente islamizzati
dai turchi. Nel 1939 la regione, insieme all'Albania, viene annessa all'Italia.
Alla fine della II guerra mondiale il Kossovo viene assegnato alla Repubblica
Federale Socialista Jugoslava come provincia autonoma della Repubblica Serba
e nel '74 ottiene lo status di territorio amministrativo autonomo. Dopo
la morte di Tito (1981) la popolazione albanese chiede, con manifestazioni
di piazza, che il Kossovo sia riconosciuto come repubblica all'interno della
federazione : è il primo sintomo della disgregazione della Jugoslavia.
Nel 1989 il governo serbo unilateralmente e violentemente revoca l'autonomia
e l'anno seguente scioglie il Parlamento regionale.
Contemporaneamente, per superare il codice della vendetta del sangue, inizia
l'azione di riconciliazione nazionale che costituisce il fondamento della
resistenza non violenta. Durante la recente guerra nella ex Jugoslavia i
giovani emigrano piuttosto che essere arruolati e combattere nell'esercito
serbo. Nel 1992 elezioni parallele (non autorizzate dalla Serbia ma svolte
alla presenza di osservatori internazionali) portano alla costituzione del
Parlamento e designano come Presidente della repubblica il leader non violento
Ibrahim Rugova.
Nel '93 il governo serbo espelle dal Kossovo gli osservatori inviati dall'OSCE
(Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa); nel '94 170.000
impiegati albanesi vengono licenziati per motivi etnici. La resistenza non
violenta organizza una vera e propria società parallela con scuole,
ospedali e servizi gestiti dagli albanesi in luoghi di fortuna, essendo
le strutture ufficiali utilizzate dai serbi. I costi sono coperti dalle
rimesse dei numerosi emigrati. La questione Kossovo non rientra negli accordi
di Dayton. Ma la resistenza non violenta continua. Numerose sono le denunce
della Commissione per i Diritti Umani dell'ONU e di Amnesty International,
gli appelli delle organizzazioni pacifiste e le visite che Rugova compie
in molti paesi europei e americani.
Con la mediazione della Comunità di S.Egidio viene sottoscritto nel
'96 da Milosevic e Rugova un accordo per le scuole che resta inattuato fino
al '98. La mancata applicazione di questo accordo, le continue e gravi violazioni
dei diritti umani più elementari alle quali è sottoposta la
popolazione e la scarsa attenzione della politica internazionale minano
la resistenza non violenta, alcune frange optano per la lotta armata e compare
l'Esercito di liberazione del Kossovo (UCK). Intanto gli studenti si organizzano
e iniziano dalla fine del '97una serie di manifestazioni pacifiche e non
violente per reclamare la restituzione degli edifici scolastici.
Il 28 febbraio '98 i bombardamenti serbi nella regione di Drenica e le numerose
vittime richiamano finalmente l'attenzione della politica internazionale
sul Kossovo. Riprendono le trattative per l'attuazione dell'accordo per
la scuola che viene ri-sottoscritto con precise scadenze per la riconsegna
agli albanesi degli edifici scolastici. Le elezioni parallele di marzo riconfermano
Rugova nella carica di presidente, ma ormai solo una parte degli albanesi
sostiene la resistenza non violenta mentre l'esercito di liberazione, diviso
per altro in due fazioni, dopo i successi dei primi mesi è costretto
a ripiegare in molte città. Le conseguenze della lotta armata sono
600 morti e quasi 300.000 profughi bisognosi di tutto che o si rifugiano
nei boschi (e sono la maggior parte) o si dirigono verso i paesi confinanti
(Albania, Grecia, Macedonia, Montenegro) e l'Italia. In autunno riprendono
con maggior forza gli scontri armati, ma dietro la minaccia di bombardamenti
da parte della NATO viene accettata una missione di osservatori OSCE (Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa). Intanto al numero delle vittime
si aggiunge quello dei "desaparesidos" : oltre 700 tra albanesi
e serbi.
La strage di Racak nel gennaio '99 spinge la diplomazia internazionale a
convocare la conferenza di Rambouillet, terminata il 23.2.'99 dopo oltre
due settimane di trattative. L'incontro si conclude senza non con la pace
ma con una semplice intesa orale e viene aggiornato al 15 marzo per dar
modo alle parti di consultare le rispettive basi sui punti controversi.
Il secondo incontro si conclude il 18 marzo senza che sia raggiunto alcun
accordo. Infatti mentre gli albanesi sottoscrivono il piano internazionale
proposto alle parti, i serbi si rifiutano di farlo. Il piano sottolinea
la necessità che siano rispettati in Kossovo i diritti democratici
e la cessazione delle ostilità ;riconosce l'integrità territoriale
della Repubblica Federale Jugoslava e accorda al Kossovo uno statuto di
autonomia per un periodo iniziale di tre anni ; stabilisce il ritiro dell'esercito
jugoslavo dalla regione, la restituzione delle armi da parte dell'UCK entro
30 giorni e fissa a tremila uomini la forza di polizia nella regione. (fonte
: agenzia tedesca Roiters mediante il canale telematico "Yahoo !")
Martedì 23 marzo, fallito l'ultimo tentativo del mediatore Holbrooke
di risolvere la crisi per via diplomatica, il segretario generale della
NATO Javier Solana ordina di attaccare le basi militari in Serbia e in Kossovo,
il Parlamento serbo invita alla mobilitazione. Quasi contemporaneamente
il Montenegro, federato con la Serbia, si dissocia dalla politica di Belgrado
; compaiono in Kossovo le milizie paramilitari di Arkan, criminale di guerra
serbo perseguito dal tribunale dell'Aja ; le prime vittime di questa prevedibile
guerra sono la popolazione civile e la democrazia, a guadagnarci sono soltanto
i mercanti di armi e gli scafisti..
CAMPAGNA PER UNA SOLUZIONE NON VIOLENTA IN KOSSOVO
(CAMPAGNA KOSSOVO) c/o Casa per la Pace, c.a. 8, 74023 Grottaglie (TA)
tel/fax 099.5662252, e-mail casapace@netfor.it
"...Tutta la propaganda serba contro gli Albanesi poggia sulla seguente
tesi : sebbene nel Kossovo non rappresentino che una minoranza (circa l'8%),
i Serbi hanno in questa regione la loro culla grazie alle testimonianze
storiche ; infatti nel 1389 una grande battaglia (battaglia detta del Campo
dei merli, 28 giugno 1389 n.d.t.) li contrappose ai Turchi a prezzo di molto
sangue. Secondo questa tesi i Serbi sarebbero stati i primi abitanti del
Kossovo, dove gli Albanesi non sarebbero venuti che in seguito. Perciò
gli Albanesi sarebbero degli stranieri : essi devono tacere o andarsene.
Tutto ciò non è che un'impostura ben orchestrata. Nessuno
storico serio, nessuna fonte storica affidabile afferma che i Serbi sono
stati i primi abitanti del Kossovo e gli Albanesi degli avventizi. E' esattamente
il contrario : gli Albanesi vi hanno abitato da sempre, sono gli Slavi ad
essere arrivati in seguito. E molto più tardi !... E tuttavia miti
del genere possono imporsi e arrivare a mascherare la verità...
Sono secoli che storici seri hanno affermato senza essere smentiti che Albanesi
e antichi Greci sono stati i più antichi occupanti della penisola
balcanica. Li si considera come i diretti discendenti degli Illiri. Fin
dal II secolo della nostra epoca il greco Tolomeo parla per la prima volta
del popolo degli "Albanoi", residenti in quella che oggi costituisce
l'Albania centrale. Nel 1695 uno dei più grandi geni dell'umanità,
il tedesco Gottfried Leibniz, ha sostenuto la tesi dell'origine illirica
della lingua albanese...
Tutti gli storici, seri o no, ammettono unanimemente che gli Slavi sono
arrivati nei Balcani nei secoli VII° e VIII° e che vi si sono
stabiliti dal X° al XII° secolo. Questa migrazione slava si è
accompagnata a sanguinosi scontri con gli antichi abitanti illirico-albanesi
; sotto la spinta dei Serbi, questi ultimi ripiegarono là dove vivono
ancora oggi, cioè nell'attuale Stato di Albania e nell'Albania nord-orientale,
che oggi si chiama "Kossovo" e che si trova sotto la dominazione
serba.
Il Kossovo, come l'Albania, è sempre stato abitato da Albanesi, (solamente
da Albanesi fino al VII°-IX° secolo, in seguito da una maggioranza
albanese e da una minoranza serba). Il Kossovo non può essere rimasto
vuoto prima dell'arrivo dei Serbi...Un'occupazione serba temporanea di circa
due secoli (XI°-XII°)ha costituito l'occasione per erigere le
chiese ortodosse...
La battaglia del Kossovo ebbe luogo il 28 giugno 1389 (commemorandola in
occasione del suo 600° anniversario, Milosevic enunciò il dogma
di una rivincita da prendere sugli Albanesi)... e vi morirono i due comandanti
nemici, il serbo Lazar e il sultano Murat I° (n.d.t.). Ora gli storici
citano non soltanto i partecipanti, ma anche i nomi dei cinque comandanti
in capo dell'alleanza balcanica : il principe Lazar, serbo ; il re Tvrtko,
bosniaco ; il principe Mircea, rumeno ; i conti Balsha e Jonima, albanesi.
Il principe Lazar fu scelto per prendere il comando supremo...
La battaglia del Kossovo avrebbe dovuto restare il simbolo della fraternità
dei popoli balcanici, come in verità è. Disgraziatamente si
è trasformata in un fantasma assetato di sangue, sangue che egli
ricerca tra coloro che combatterono fianco a fianco. La verità sul
Kossovo oltrepassa in effetti la cornice storica. Essa è' indissociabile
dalla morale della nostra epoca"
* Ismail Kadarè, prefazione al libro "La question du Kosovo",
Fayard 1994, pagg.18-23
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