Quanti crimini contro l'umanità rimangono impuniti? E quanti conflitti, quante vittime nascono dalla mancata punizione dei criminali contro l'umanità? Ecco il quesito che si pone l'articolo d'apertura del numero di Maggio di Africanews in edizione italiana. Viene preso in esame il caso della Liberia dove dal 1989 al 1997 si è sviluppata una feroce e insensata guerra civile. Ci sono stati liberiani che si sono rivolti alla comunità internazionale denunciando le vistose violazioni dei diritti umani. Hanno indicato i responsabili di tali misfatti, portando le prove. Ma le loro richieste sono state ignorate.
Questa situazione presenta molti aspetti simili a quella verificatasi pochi anni fa nell'Ex Jugoslavia, specialmente in Bosnia, e ora in Kosovo. C'è un tribunale all'Aja che ha giudicato qualche criminale croato o serbo o bosniaco ma i grandi artefici di atroci pulizie etniche vivono tranquilli a contatto con i soldati dell'Onu che, teoricamente, dovrebbero arrestarli.
L'impunità goduta dai criminali in Liberia ha poi scatenato la seconda fase e cioè il contagio della guerra ai paesi vicini, primo fra tutti la Sierra Leone. L'inerzia degli organismi internazionali ha quindi sulla coscienza l'uccisione e le mutilazioni di migliaia di civili che altrimenti, in caso di condanna dei criminali di guerra, non avrebbero conosciuto questi orrori.
Il secondo articolo affronta un argomento che ha avuto un certo rilievo sulla stampa e sulle reti televisive italiane: la liberazione di persone ridotte in schiavitù nel Sudan. L'articolo denuncia senza mezzi termini che la schiavitù esiste e il primo colpevole è il governo islamico di Khartoum ma al contempo esprime il timore che il "riscatto degli schiavi" possa essere un'operazione organizzata da persone senza scrupoli, esclusivamente per fini economici. La preoccupazione dell'autore, il padre comboniano Renato Kizito Sesana, è che un passo falso possa giovare al governo di Khartoum invece di porlo sul banco degli accusati.
Il problema degli stranieri che vogliono stabilirsi in un paese è ormai diffuso in ogni parte del mondo e lo abbiamo già affrontato. Ora è il turno del Ghana che, prendendo spunto da certi reati commessi presumibilmente da stranieri, ne ha ordinato la registrazione. Il governo del paese africano ha tenuto conto sia della reazione popolare a crimini come lo spaccio di denaro falso e uccisioni rituali, sia delle frodi messe in atto da disinvolti imprenditori stranieri ai danni dello Stato. L'attuale manovra di controllo viene però attuata con molto tatto. In Ghana infatti molti ricordano che nel 1969 vennero rimpatriati moltissimi stranieri, in maggioranza nigeriani. E la vendetta del potente stato fu tremenda, dato che nel 1983 a sua volta la Nigeria espulse circa due milioni di ghaniani.
In Africa l'offensiva musulmana sul piano religioso appare sempre più accentuata. Anche in stati come il Malawi dove i cristiani raggiungono il 75% e i musulmani solo il 20%, le iniziative si moltiplicano. L'ultima è stata la traduzione del corano in chichewa che è la lingua nazionale. A dare maggior risalto all'avvenimento è intervenuto il presidente del Malawi, Bakili Mulizi, che, guarda caso, è di fede musulmana. La sua spiegazione è stata molto abile: "La traduzione del Corano contribuirà allo sviluppo del paese - ha detto Muluzi - ora tutti saranno in grado di capire i valori della religione islamica e cadranno molti pregiudizi". I cristiani locali non ne sono molto convinti.
Africanews staff