Questo numero è il quarantesimo di Africanews in lingua italiana, pubblicazione nata nel marzo del 1998. Tre dei quattro articoli che vi proponiamo potrebbero essere raggruppati sotto un solo titolo, l'Africa che cambia. Sono tre argomenti completamente diversi ma il filone è unico: la società africana e la sua evoluzione. Molti di noi sanno quale sia l'immagine del continente africano che arriva in Occidente, tragedie immani, dalle guerre alle carestie, miscelati con abilità al folklore e al turismo. È un'imagine purtroppo vera nei fatti ma profondamente falsa nelle proporzioni. Su 53 paesi del continente quelli che hanno il cosidetto "onore" di apparire nei nostri media sono la Repubblica democratica del Congo, la Sierra Leone, la Somalia, il Rwanda eccetera. È come se parlando dell'Europa si citassero il Kossovo, l'Irlanda o i Paesi Baschi, tralasciando il resto.
L'Africa, come potrete vedere leggendo i testi degli articoli, ha il suo passo, il suo ritmo, i suoi cerimoniali, la sua filosofia di vita. Li ha conservati proprio per non scomparire definitivamente sotto i colpi che per secoli la colonizzazione le ha inferto. Ora il neoliberismo, la globalizzazione, il libero mercato o come lo volete chiamare esige che l'Africa si metta a correre col mondo occidentale dimenticando, volutamente, che non esistono le strutture e le tecnologie necessarie per questa trasformazione. Si parla dei disastri che provoca il debito estero in cui sono sprofondati i paesi del Terzo Mondo, si parla delle vittime causate dall'Aids e dalla diffusione di armi leggere. Ma si parla poco delle tribolazioni e delle sofferenze causate alla popolazione da parte del Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, con i loro programmi di aggiustamento strutturale.
Sarebbe stupido e insensato non capire che servono cambiamenti, revisioni e ammodernamenti nelle strutture pubbliche, economiche e civili africane, ma da questa considerazione a far piazza pulita con "tolleranza zero" ce ne passa. Ci sono economisti di valore mondiale che hanno indicato ricette ben più mirate per aiutare i paesi poveri, delle violente purghe che Banca mondiale e Fondo monetario internazionale propinano a destra e a manca.
Il primo dei nostri tre articoli è proprio di natura bucolica e l'ambiente è lo Swaizland, un piccolo stato di 17.000 km quadrati, cioè grande come il Lazio ma con un solo milione di abitanti e ben 650.000 vacche che divorano erba anche nei centri delle città, sconfinano nei vicini Sud Africa e Mozambico, provocano continui incidenti invadendo le strade sempre più piene di automobili. Tutto qui? Potrebbe osservare qualcuno. No, c'è anche l'aspetto economico-sociale dato che lo Stato provvedeva sino ad ora ai pascoli e alle spese del mantenimento e adesso intende far cadere sugli allevatori tali oneri. Folklore e interessi economici insomma si intrecciano e verranno fortunatamente risolti dagli "swazi" tra di loro.
Dove invece la situazione appare più complicata e critica è in Tanzania. Qui siamo in piena globalizzazione dato che il governo, in nome del libero mercato, ha ceduto lo sfruttamento delle miniere di tanzanite (una pietra molto preziosa) a una società sudafricana. Il governo con questa operazione intendeva anche stroncare il contrabbando e rendere più razionale l'attività estrattiva. Il guaio nasce dal fatto che in zona ci sono molti minatori artigiani, magari anche un po' contrabbandieri, danneggiati dalla presenza di un colosso ben inserito sui mercati. Ci sono già stati incidenti, con molte vittime e lo spettro dell'apartheid è riapparso proprio in Tanzania che fu uno dei paesi che più tenacemente lo contrastarono.
Nel terzo articolo si parla di un argomento che è dibattuto anche da noi: la violenza sessuale in ambito conuigale. È un tema che sbalordisce e annichilisce molti uomini ma il fatto che in Malawi sia stato affrontato e che si prospetti una legge al riguardo dimostra come la società civile africana stia cambiando. E nella maggioranza dei casi sia spinta dalle donne.
Africanews staff