Il ritratto di un dittatore, di un uomo che per cinque anni ha dominato con il terrore la più popolosa nazione africana, è l'argomento dell'articolo di apertura dell'ottavo numero di Africanews in edizione italiana. Il protagonista del racconto è Sani Abacha, il generale la cui morte, avvenuta in giugno, ha provocato manifestazioni di gioia in molte parti della Nigeria; un militare che ha cercato di emulare le atrocità di altri dittatori, africani, europei o asiatici che siano, riuscendovi perfettamente. Ora la maggioranza dei 108 milioni di nigeriani, di cui il 40 per cento è cristiano, vivono nella speranza, non riescono a credere ai loro occhi poiché il successore di Abacha, il generale Abdusalam Abubakar si è presentato con atteggiamenti distensivi, liberando diversi prigionieri politici e ampliando le garanzie democratiche.
Ci voleva poco, potrebbe obiettare qualcuno ricordando il clima stalinista in cui ha vissuto la Nigeria per cinque anni, però il fatto che un militare coi pieni poteri si comporti "normalmente" ha choccato la gente, in senso positivo naturalmente. Il corrispondente di Africanews da Lagos ripercorre le tappe principali della criminale carriera di Abacha e tenta, per approssimazione, il calcolo dell'immane fortuna di cui il dittatore ha potuto disporre a proprio piacimento grazie alle copiose esportazioni di petrolio di cui la Nigeria è ricchissima.
Per dare un'idea della cifra basta ricordare che ogni anno l'oro nero faceva entrare, chissà in quali tasche, circa 20.000 miliardi di lire. Tra le nefandezze compiute da Sani Abacha figura l'impiccagione di Ken Saro-Wiwa e di altri nove ambientalisti che lottavano per la loro terra contro Abacha e le multinazionali del petrolio. È per questi motivi che la stragrande maggioranza dei nigeriani, come riferisce il corripondente, ha considerato la morte di Abacha (dovuta forse a eccesso di Viagra o ad avvelenamento) come un "dono di Dio". E in certi casi, affermazioni del genere, non appaiono per nulla sacrileghe.
Dallo Zimbabwe ci arriva la storia di piccole cooperative di risparmio che riescono a concedere crediti alla povera gente onde permettere l'inizio di una minima attività commerciale: fuori discussione il fatto che le banche si guardano bene dal concedere questi minuscoli eppur così vitali prestiti. Le cooperative affrontano alle radici il problema della povertà dell'Africa, un problema che non si risolve con progetti faraonici o con onerosi investimenti bensì soprattutto con questi rivoli di credito che salvano la gente dalla miseria.
In questo numero si parla anche di una delle numerose sette religiose, se ne contano a centinaia, che si sono diffuse in Africa specialmente negli ultimi anni. L'articolo viene dal Kenya dove la Legio Maria ha la sede principale. I folkloristici adepti della setta sono convinti di essere veri cattolici e si servono, molti senza conoscerne il significato, di un latino antico. I fondatori della Legio Maria si sono ribellati alla negazione di alcune pratiche della cultura africana da parte delle religioni ufficiali. Il fatto di non poter danzare e battere le mani, saltare e suonare i tamburi per il loro Signore li faceva sentire rifiutati, tagliati fuori e persi nelle loro congregazioni.
Il ricorrente e tragico argomento del'Aids è materia di un articolo dalla Zambia dove un adulto su cinque è affetto da Virus Hiv. Si parla di un sistema per prolungare la vita agli ammalati. Appare un metodo ingenuo e anche irriverente dato che si parla come cura di una buona alimentazione in un continente dove sovente è difficile solo trovare qualcosa da mangiare. Poi però si spiega che la sana alimentazione risiede in prodotti dell'orto come patate dolci, zucche e fagioli, cibi ricchi di vitamine e anche poco costosi.
Africanews staff