Il numero di Dicembre, il decimo di Africanews in lingua italiana, si apre con un articolo emblematico: parla di promesse fatte da paesi ricchi, promesse che troppo spesso vengono dimenticate quando i destinatari sono persone del Terzo Mondo. Si tratta del risarcimento delle vittime dell'attentato terroristico dell'agosto scorso a Nairobi. Duecentoquarantuno dei duecentocinquanta morti erano keniani. Subito dopo lo scoppio dell'ordigno, pare di matrice islamica, le promesse e gli impegni di risarcimento si sprecarono, poi, passata l'emozione e l'indignazione per il devastante attentato, cominciarono a saltar fuori i cavilli e i "distinguo" fra chi aveva diritto al risarcimento e chi invece ne era escluso. Un penoso balletto di precisazioni e smentite giocato sulla pelle di povera gente.
Alla ribalta di questa poco edificante situazione figura l'ambasciata statunitense che esprimendo il punto di vista del Dipartimento di Stato non lascia molte speranze di risarcire i parenti dei morti e i feriti superstiti come aveva assicurato pochi giorni dopo l'attentato. Subito però ha stanziato oltre 3 miliardi di lire come taglia per chi darà indicazioni utili ad arrestare i responsabili.
Gli Stati Uniti vogliono diventare la nazione leader in Africa, soprattutto a scapito della Francia; su questo disegno per accaparrarsi il continente come futuro mercato non c'è alcun dubbio. Esistono dubbi invece che tale progetto possa essere realizzato considerando i passi falsi compiuti sinora: ultimo, in ordine di tempo, quello di Nairobi.
Il lavoro minorile, fortunatamente, è balzato sotto la lente di ingrandimento dei media in ogni parte del mondo e qualche progresso nella lotta allo sfruttamento dei giovanissimi è stato compiuto. Certamente si tratta di poca cosa perché quando le popolazioni soffrono la fame anche i diritti dei minori soccombono alle esigenze del cibo quotidiano, però la sensibilizzazione e il coinvolgimento di molte nazioni su questo problema può dare una mano agli sfruttati. L'articolo su questo argomento proviene dallo Zambia dove il lavoro minorile è una piaga sociale che però il governo del cristiano Chiluba, continua a eludere.
Come in Italia dove le prese di posizione dei vescovi sulle linee programmatiche del governo suscitano sempre polemiche e discussioni, così in Africa gli atteggiamenti assunti dal clero nei confronti dei governanti hanno vastissime eco e ripercussioni. Nel Malawi, che soltanto da pochi anni è riuscito a togliersi di dosso la pesante cappa della dittatura di Hastings Kamuzu Banda, la Chiesa presbiteriana ha invitato, senza giri di parole, i suoi fedeli a votare per quel partito che "sarà concorde alla nostra fede". Inutile dire che quel partito non è quello del governo. Ora, poiché le elezioni sono vicine e dato che i cristiani in Malawi rappresentano il 70 per cento della popolazione, è naturale che il presidente musulmano Bakili Muluzi si sia molto arrabbiato.
Ancora dallo Zambia ci giunge la testimonianza della lotta intrapresa in tutto il Continente dalle donne africane conto le violenze che subiscono in casa ad opera del consorte. Aggressioni che nella maggior parte dei casi non vengono denunciate per salvare il matrimonio e tutelare i figli. Anche in Zambia però le cose stanno cambiando grazie alle associazioni che aiutano le donne ad aver coscienza dei loro diritti e quindi a denunciare alla polizia i mariti violenti.
Africanews staff