C'è stato in Italia un uomo politico-impolitico che ha avuto il coraggio di guardare
alla presenza umana sulla terra e alla convivenza fra persone e genti diverse con una
intelligenza profonda e una generosità di sentimenti che i tempi stretti e la selezione
al ribasso della politica di norma escludono.
E' stato Alexander Langer, che ha fatto tesoro di una formazione famigliare e regionale
incline all'uso di più lingue, al confronto di più popolazioni e tradizioni, all'ingombro
e all'invito dei confini. Quando ha deciso di uccidersi - a Firenze, in un giorno d'estate
del 1995 - Langer era parlamentare europeo, e in quel ruolo si era prodigato nei luoghi
in cui la vecchia storia del mondo tornava a mettere in scena l'odio, l'insofferenza,
la brutalità delle superbie nazionaliste, delle guerre di sopraffazione e delle pulizie
etniche; come nei luohgi in cui la storia umana arriva sull'orlo della distruzione
del mondo stesso, delle sue risorse naturali e della sua bellezza.
La Bosnia e il Kossovo, l'Amazzonia o il Messico: l'intero mondo minacciato è stato
la patria di questo campione delle piccole patrie, a partire da quel suo Sudtirolo
in cui riconosceva la ricchezza della convivenza e la meschinità della misconoscenza
reciproca.
dalla copertina del libro:
"Il viaggiatore leggero" - Sellerio editore